M.V.M.

Creato il
24/6/98.


Ancora sul calcio:

1) Intervista su La Repubblica

2) Articolo su Ronaldo

3) Articolo su Maradona

4) Articolo su Francia '98


«Guardatevi dal calcio»

ALESSANDRO ZACCURI

Avvenire, 2 / 8 / 1998.


«I dirigenti delle società di calcio? Gente pericolosa, dia retta a me». Anche quando parla di sport Manuel Vázquez Montalbán non si preoccupa troppo di ricorrere alla diplomazia. Come l'antieroe che lo ha reso famoso, il detecüve Pepe Carvalho, scettico ma a suo modo romantico indagatore di una Spagna che non è piú quella della movida e che ancora non ha dimenticato il lungo inverno franchista.
Ma Montalbán non è soltanto l'autore della saga del cocciuto (e anche un po' coriaceo dal punto di vista ideologico, a voler essere sinceri) Carvalho. Arrivato alla letteratura dopo una lunga militanza giornalistica, lo scrittore di Barcellona non ha archiviato la passione per l'attualità. E cosi, alla vigilia dei Mondiali di Francia, se ne è uscito con un pamphlet dal titolo piú che provocatorio: Calcio. Una religione alla ricerca del suo dio (l'edizione italiana è pubblicata da Frassinelli). Nel quale, tra un'osservazione tecnica sul campionato spagnolo e uno sberleffo agli odiati dirigenti, si trovano preziose osservazioni sul rapporto tra calcio e letteratura.
    «Sono stati soprattutto gli autori latino-americani —spiega Montalbán— a trasformare il calcio in una moderna forma di epica. E allo stesso modo in cui Paesi come il Brasile e l'Argentina esportano giocatori in tutto il mondo, l'epica calcistica di autori come Eduardo Galeano e Osvaldo Soriano è stata esportata in tutto il mondo. Questi scrittori hanno saputo presentare il calcio per quello che veramente è, ossia una forma d'arte popolare. In questi autori c'e una naturalezza, una semplicità che manca del tutto negli scrittori europei. Che infatti, nel loro intellettualismo, hanno sempre snobbato il calcio».

—Nel suo libro, però, non si limita a parlare del calcio come arte: lo considera addirittura una religione. In che senso?
—Non nel senso delle religioni tradizionali, si capisce. Vede, da alcuni anni hanno fatto la loro comparsa quelle che chiamo "religioni da design". La loro caratteristica è di adattarsi in modo simbolico e rituale alle necessità di fede della società postmoderna. Forse non e eccessivo prevedere che nel corso del XXI secolo fioriranno molte religioni di design, non necessariamente teologiche, ma sicuramente molto efficaci sul piano commerciale.

—E il calcio è una di queste?
—Il calcio si sta trasformando in una religione sostitutiva di tipo laico, con una sua ritualità, i suoi simboli, le sue cattedrali, le sue sette. Finora il Mondiale di Francia è stato l'evento piú importante in questo processo di globalizzaione del calcio, uno sport che si trasforma in proposta di alienazione collettiva su scala planetaria, fondata sulla contrapposizione tra Nord e Sud del mondo, tra Paesi che importano giocatori e altri che li esportano. Anche se tutto questo, fortunatamente, ha un contrappeso molto positivo nel carattere multirazziale del calcio contemporaneo.

—Mi pare che la sua analisi dia molta importanza all'elemento economico. Come mai?
—Le religioni da design non possono farne a meno, specie sul piano mediatico e dei consumi. È decisamente improbabile che un uomo di Chiesa si presenti in pubblico calzando Adidas oppure indossando casule sponsorizzate. Ma nelle moderne religioni postmoderne questo potrà avvenire senza problemi di sorta.

—Ma la religione-calcio non ha ancora trovato la sua divinità. Maradona ha fallito, a Francia '98 tutti si aspettavano meraviglie da Ronaldo e invece guardi che cosa è successo...
—In Francia, per colpa del sistema di gioco imposto da Zagalo, Ronaldo è quasi scomparso. Però era lí e ha dimostrato che gli dei postmoderni possono addirittura soffrire di qualcosa di simile all'epilessia. Come vede, il concetto di divinità è molto cambiato e cambierà ancora molto in futuro.

—Veniamo ai dirigenti delle società di calcio. Come mai li stima cosí poco?
—Rappresentano l'aspetto deteriore di tutto questo mercato simbolico. Avremmo bisogno di un Max Weber capace di rendere conto dell'origine di questi esemplari, del loro grado di pericolosità, della loro propensione al guadagno facile e del modo in cui impiegano la presenza sociale che fa da corredo al calcio non soltanto per prosperare nei loro facili guadagni, ma anche per ottenere un riconoscimento sociale. Manipolano masse di tifosi la cui dedizione è totale e cosí facendo sono nella condizione di generare trasformazioni sociali impensabili, oggi come oggi, per i partiti che operano in un sistema politico-sociale ragionevole. Senza dimenticare che, in certi casi, sarebbe il caso di sottoporre i dirigenti calcistici a corsi accelerati di alfabetizzazione.

—Per metterli in grado di leggere i libri di Soriano?
—Perché no? Tra l'altro è uno scrittore che sento molto vicino a me. L'avevo conosciuto in occasione di un dibattito in Cile, anni fa, e subito mi ero accorto che tra di noi c'erano molti punti in comune. L'interesse per la cultura popolare, anzitutto. E poi la convinzione che la letteratura non debba mai rinunciare a intervenire sulla realta.


Ancora sul calcio:

1) Intervista su La Repubblica

2) Articolo su Ronaldo

3) Articolo su Maradona

4) Articolo su Francia '98