Creato il 26/8/98.
Ancora su Il premio:
1) Articolo di Vázquez Montalbán sui premi letterari
2) Recensione di Giuseppe Bellini
3) Recensione di Vittoria Martinetto
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Montalbán brucia lo "Strega" spagnolo
EDMONDO DIETRICH
La Repubblica, 6 / 7 / 1998.
Forse è un caso, forse no, che in concomitanza con le polemiche di questi giorni intorno allo Strega e, comunque, in senso generale sui premi letterari, esca il nuovo romanzo di Manuel Vázquez Montalbán (Il Premio, Feltrinelli, pagg. 252, lire 27.000, traduzione di Hado Lyria) che, camuffato da giallo, è una chiara, ironica presa di posizione contro queste istituzioni culturali.
    "Era inevitabile, e non evitato da buona parte dei presenti, passare attraverso il filtro dei giornalisti più o meno specializzati in premi letterari, che vagavano intorno a critici e criticonzoli affermati accorsi all'incontro per godersi la sensazione di non essere come gli altri e assistere alla consegna del premio Venice, 100 milioni di pesetas".
Comincia così il romanzo e si capisce subito l'intenzione di Montalban: ironizzare sullo "show delle meraviglie". Perché più oltre scrive ancora: "Tavoli di librai e libraie con i loro coniugi, vestiti per la festa del denaro e delle lettere, venditori privilegiati di opere enciclopediche... scrittori abitualmente presenti a premi, forze vive o superstiti della cultura, politici avidi di connotazioni culturali, scrittori segreti dediti all'avvocatura, alla medicina o al commercio di favori... l'eterna promessa della letteratura, capace di avere raggiunto la cinquantina con un numero limitatissimo di lettori scelti di cui conosceva i numeri telefonici, compresi quelli delle seconde case...".
    Non sappiamo se Montalbán, scrittore, poeta, saggista, sia decisamente contro queste "farse manifestazioni della cultura" che servono forse soltanto agli scrittori premiati, alla casa editrice, ai presenti al premio e non serve certo ai lettori che sanno già da prima che cosa vogliono leggere. Certamente il romanzo è, abilmente camuffato, un caustico, ironico pamphlet. "Quanto ti hanno sganciato solo per figurare tra i sospetti partecipanti? Quanti soldi per vincere il premio?". E' questo uno dei tanti dialoghi del romanzo che si svolge tra i presenti, cioè scrittori pronti a tutto per vincere, giovani trepidanti promesse, accademici ormai ridotti a mummie, premi Nobel stantii, critici quasi tutti venduti, industriali corrotti ai quali serve soltanto la vetrina sui quotidiani del giorno dopo, politici presenti solo per aggiungere il loro nome all'evento e non mancarlo per alcun motivo e una giuria chiusa a chiave in una stanza, tutta in mutande e a piedi scalzi intenta a guardare la televisione perché intanto, si sa, il vincitore è stato già deciso dagli organizzatori, comunque dal boss che ha messo in piedi tutta la faccenda.
    Un romanzo divertente, con dialoghi acidi e crudeli ancorché brillanti come sono sempre quelli di Montalbán e annotazioni al vetriolo dal momento che quel mondo lui lo conosce. "Ariel Remesal, vincitore di sette premi periferici di media importanza, indicò un titolo nella lista degli autori selezionati perché lo notasse il suo compagno di tavolo, un editore...".
    Il bello della letteratura è questo: puoi scrivere qualsiasi cosa, fare a pezzi chi vuoi, diceva tempo fa Pérez-Reverte. E Montalbán fa a pezzi tutto quel mondo, ridicolizzandolo e lancia anche qualche frecciata a Madrid, lui che è di Barcellona. "Questa città è sempre piena di un milione di persone strane. Nel '45 di un milione di cadaveri. Nel 1980 di un milione di gilet. Adesso di un milione di nuovi ricchi", fa dire a Carvalho.
Perché a Montalbán serve Carvalho per osservare e descrivere soprattutto la società, la cronaca, i loro vizi e le loro brutture. E camuffa tutto dicevamo con l'indagine poliziesca che poi è l'unico sistema - lo sapeva bene Sciascia - che permette di mettere in risalto situazioni che altrimenti si perderebbero nelle pagine dei quotidiani, immerse tra altre vicende. Pepe Carvalho appare soltanto dopo le prime 46 pagine. Sta leggendo un libro su Buenos Aires. E' indeciso se bruciarlo nel camino come usa fare o tenerlo perché dovrà recarsi in Argentina per un lavoro, la ricerca di un desaparecidos volontario. Una telefonata lo chiama a Madrid, appunto per il premio. Deve controllare che non accada nulla di spiacevole, soprattutto al "pescecane" multimiliardario che lo ha organizzato.
    Il compenso è lauto e Pepe accetta anche perché ha nostalgia di vedere Carmela che incontrò durante l'assassinio al Comitato Centrale tanti anni prima. Arriva il morto, abbastanza presto (ed è proprio il "pescecane") e c'è pure un infartuato. E quindi l'indagine di Pepe, sempre tra l'intelligenza e l'ironia e una certa tristezza per la vita che vede girargli intorno, vagamente mitigata dai buoni whisky che offre la serata.
Ancora su Il premio:
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