M.V.M.

Creato il
13/11/98.


Ancora su O Cesare o nulla:

1) Articolo di Antonio Gnoli

2) Intervista su Mucchio selvaggio

3) Intervista su l'Unità

4) Intervista su Specchio


Crimini, virtú e pregiudizi

GIORDANO STABILE

Specchio, 3 / 10 / 1998.


Già Alonso Borgia, papa Callisto III dal 1455 al 1458, aveva condotto una politica familistica, facendo il nipote Rodrigo, il futuro Alessandro VI appunto, cardinale e poi vicecancelliere del Vaticano. Una carica strategica e lucrosa che favorirà la sua elezione a papa nel 1492. E Rodrigo porta agli estremi quella politica, specialmente con il figlio Cesare, che aspira a diventare padrone dell'Italia centrale. Intrighi, omicidi, tradimenti sono le armi usate senza scrupoli per arrivare ai loro obbiettivi. La figlia Lucrezia viene invece usata per stringere e disfare alleanze attraverso matrimoni con i potenti dell'epoca. Nel 1498, con l'esecuzione di Savonarola e la morte di Carlo VIII di Francia, nemici di Alessandro VI, la fortuna dei Borgia raggiunge l'apice. Appena cinque anni dopo, con la scomparsa improvvisa del pontefice, tutta la costruzione va in pezzi. Diventa papa Giuliano della Rovere, terribile rivale dei Borgia. Cesare viene imprigionato, gli vengono sottratti i suoi possedimenti in Romagna. Dopo una fuga rocambolesca, Cesare trova la morte nel regno di Navarra, dove guidava le truppe del re Federico contro un signorotto ribelle. È il 1507.
    Ma chi erano i Borgia? Mostri di cinismo, o uomini costretti ad agire cosí dalle circostanze? Lo abbiamo chiesto ad alcuni studiosi che si sono occupati di quel periodo.
    «La loro vicenda rientra in quella delle grandi famiglie europee che, tra il '400 e il '500, mirarono al trono pontificio come una garanzia per le loro fortune», spiega Giuseppe Galasso, professore di Storia moderna all'Universita di Napoli. «I Medici, i Della Rovere, i Piccolomini, i Farnese ottennero tutti titoli principeschi. La gestione nepotistica e familistica del pontificato non è affatto una particolarità dei Borgia. È il carattere del papato rinascimentale. Pensiamo ai Della Rovere, che erano diventati duchi d'Urbino, o ai Farnese elevati a duchi di Parma». Eppure i Borgia sono passati alla storia come un esempio particolarmente negativo. «In loro si manifesta un'arroganza del potere superiore a quella che si riscontra nelle altre famiglie. Anche Giulio II Della Rovere, i due Medici, Paolo III Farnese gestivano il potere in modo familistico, ma non avevano quell'arroganza». Ma in piú i Borgia scandalizzavano per un condotta morale spudorata. «Il fatto che i papi avessero figli non disturbava nessuno. Anche Paolo III ne aveva. Era un fatto accettato all'epoca senza nessuno scandalo. Anche il sesso come strumento di potere non deve stupire. Le fortune dei Farnese furono probabilmente legate ai "cordiali rapporti" tra Alessandro VI e Giulia Farnese».
    Se Alessandro VI sopravvive come una figura negativa, il figlio Cesare è stato un modello positivo di principe rinascimentale, grazie a Machiavelli. «Machiavelli fa un'analisi storica in cui i concetti di positività e negatività non hanno luogo. Per lui la politica è l'arte di conseguire gli obbiettivi con i mezzi piú opportuni. A lui sembra che Cesare Borgia sia un buon esempio di capacità politica». Machiavelli fu comunque affascinato da quella figura, tant'è vero che scrive che se alla morte di Alessandro Cesare non fosse stato ammalato si sarebbe salvato. «Un po' di sopravvalutazione di Cesare Borgia si è consolidata nella storiografia sulla scia di quel giudizio. Dico sopravvalutazione perché i piani principeschi di Cesare erano in parte velleitari. La sua fine in un piccolo fatto d'armi, quasi per caso, dimostra che non era di una statura cosí elevata. La pratica degli intrighi, dei tradimenti, delle congiure, degli avvelenamenti era diffusa. E in fondo è una pratica diffusa in tutti i tempi. A volte si fa con il veleno, altre magari con la tv o Internet...».
    Nella condanna dei Borgia ha anche pesato lo scontro con il Savonarola? «Certo. Ma credo che quello scontro abbia assunto piú importanza agli occhi dei posteri di quanta ne avesse agli occhi dei contemporanei. Furono gli eventi successivi, quelli legati alla Riforma e alla Controriforma, a ingigantirlo».
    «Ed è uno scontro che va comunque inquadrato nella crisi della Chiesa in quell'epoca», aggiunge Cesare Vasoli, accademico dei Lincei. «Bisogna considerare che il livello di mondanizzazione della Chiesa era scandaloso. I vescovadi erano ridotti a puri vitalizi. I vescovi non abitavano nella diocesi, ma ci mandavano i loro vicari e godevano delle rendite collegate». Anche cosí si spiega il contrasto tra Roma e la Firenze del Savonarola? «Roma contava sempre meno come centro spirituale e sempre piú come capitale di una Stato che rivaleggiava con la Repubblica». Ma Alessandro VI non sentiva proprio per nulla il peso, come papa, della sua responsabilità spirituale? «Rodrigo Borgia non ha nessun interesse spirituale. Ha una sua forma di religiosità che sconfina però nella superstizione. Indicativo in questo senso è che abbia scelto come "maestro dei sacri palazzi apostolici", una carica importantissima, Agno da Viterbo. Agno è autore di scritti apocrifi che mescolano cristianesimo e sapienza classica: esaltava la sapienza degli antichi egizi. Probabilmente nasce lí l'ossessione del papa per il Bue Api, divinità egizia che collegava al simbolo dei Borgia, il toro».
    Non è d'accordo Romeo De Maio, professore di Storia del Rinascimento all'Universita di Napoli: «Alessandro VI è sconcertante. Da una parte ti trovi davanti un uomo fortemente scettico. Dall'altra un uomo dalla religiosità convinta. Quando si rivolge ai pittori che decoreranno gli Appartamenti, esprime idee che addirittura anticipano l'ecumenismo, il bisogno del dialogo tra le varie religioni. E mostra una grande sensibilità al problema dell'evangelizzazione della terre americane appena scoperte».
    Ma perché allora si è imposto questo giudizio storico cosí negativo? «Sui Borgia c'è un pregiudizio da "leggenda nera". La storiografia sui Borgia è in gran parte contraffatta da questo pregiudizio. Ed è da sempre divisa in due correnti. Machiavelli, storico laico, dà un giudizio positivo, Guicciardini tende già verso il moralismo. Lo stesso si puó dire con il filosofo Friedrich Nietzsche e lo storico Jacob Burckhardt. I Borgia vanno giudicati con una grande forza filologica, non con l'ipersensibilità moralistica che viene dopo la Controriforma». Niente moralismo, allora? «Per i Borgia si deve parlare di "morale dell'occasione". Alessandro VI, quando parlava di Gesú piangeva come un bambino. E in altri momenti Gesú l'avrebbe messo in croce per conseguire un altro fine. Ma dal punto vista dell'istituzione papale, del governo dello Stato della Chiesa, non é stato un cattivo papa. Se leggiamo le cronache contemporanee abbiamo la sensazione di trovarci di fronte a un uomo normale. Le feste con cortigiane al Vaticano erano la norma. Che il papa avesse figli anche. È difficile trovarne uno che non ne avesse e, nel caso, si sarebbe dubitato della sua virilità...» Ma chi è Alessandro VI? «Nei momenti essenziali ti lascia sconvolto. Certo si lascia trascinare nella piccola politica nepotistica. Ma aveva anche le sue crisi di coscienza, specialmente nei dialoghi con i santi, per esempio con Santa Lucia da Nardi. Alessandro aveva tutti i difetti dei papi precedenti. Aveva qualche vizio in piú sul piano del "clamore sessuale". E però grandi qualità diplomatiche e politiche».
    L'unica a sopravvivere al crollo è Lucrezia, che sembrava l'anello debole della famiglia. La figura di Lucrezia è rimasta soffocata dalla "mitologia nera" che circonda la famiglia Borgia», concorda Marina D'Amelio, dell'Universita La Sapienza di Roma. «Ma se andiamo a guardare piú in profondità troviamo una donna coltissima, una vera umanista. Suo precettore fu Carlo Canale, uno dei mariti "di copertura" di Vannozza, l'amante di Rodrigo Borgia. Studia il latino e il greco, conosce i classici italiani. È una delle grandi mecenate dell'epoca. Tra i suoi artisti favoriti ci sono poeti come Pietro Bembo, Ludovico Ariosto, pittori come Tiziano, Dosso Dossi, l'editore umanista Aldo Manuzio. Nell'Orlando Furioso Ariosto mette al primo posto Lucrezia tra le otto donne piú belle e famose di allora». Lucrezia ricopre, anche se per brevi periodi, anche incarichi di governo. «È vicario del papa, quando Alessandro VI si allontana da Roma. Moglie di Alfonso d'Este, ha compiti di reggenza se il marito è assente. Oltretutto in uno di questi periodi emana un decreto tollerante nei confronti degli ebrei. Intelligente e illuminata».


Su O Cesare o nulla:

1) Articolo di Antonio Gnoli

2) Intervista su Mucchio selvaggio

3) Intervista su l'Unità

4) Intervista su Specchio