M.V.M.

Creato il
16/11/97.


Alla corte di re Juan Carlos, il capitolo in cui MVM incontra il Re.


Il libro-inchiesta

ALFONSO BOTTI

L'INDICE dei libri del mese, maggio 1997.


Un polaco
La copertina.
Assillati dalla preoccupazione di trovare l'ordinale corrispondente all'attuale fase della nostra Repubblica, non si può dire che da noi si sia prestata soverchia attenzione alle scansioni numerali della giovane democrazia spagnola, che con la vittoria elettorale della destra di José María Aznar il 3 marzo 1996, ha conosciuto una "seconda transizione" (la prima naturalmente era stata quella alla democrazia) ed è entrata in una terza fase dopo quella dei governi centristi di Adolfo Suárez e dell'Ucd (1976-82) e i tredici anni di amministrazione socialista sotto la guida di Felipe González (1982-96).

Eppure, dall'inizio del decennio, le nostre vicende avevano suscitato forti curiosità dall'altra parte dei Pirenei dove servizi deviati, catene di vendette a colpi di dossier, scandali economici, corruzione, folgoranti ascese finanziarie in vista di "scese in campo", protagonismo della magistratura e scontro tra questa e il potere politico, avevano fatto paventare ad alcuni analisti e a parte dell'opinione pubblica un'involuzione "all'italiana" di quel sistema politico. Ora, per quanto le analogie non reggano a un confronto meno superficiale, esse suggeriscono come necessaria la riflessione sullo stato di salute delle nostre democrazie.

Proprio in quest'ottica si pone il libro-inchiesta di Manuel Vázquez Montalbán che, tra le pubblicazioni sull'argomento andate a intasare il mercato editoriale, occupa un posto di rilievo. Non si tratta infatti né della scontata raccolta di interviste né della consueta galleria di personaggi "visti da vicino", ma di altro e di più ambizioso. Osservatore acuto delle trasformazioni socioculturali e dei loro riverberi psicologici —basti pensare alla lucidità con cui è penetrato nel disincanto della generazione dell'ultimo franchismo nella serie di Pepe Carvalho—, scrittore di cui sono note le incursioni nella storia (l'esilio e la fine del dirigente nazionalista basco Galíndez, l'apocrifa autobiografra di Franco, eccetera), Vázquez Montalbán descrive in questo libro la vigilia dell'annunciato avvento al potere della destra dell' "incolore inodore e insapore" Aznar e l'attesa dei "nuovi barbari" che non considera come eredi del franchismo quanto piuttosto —e correttamente— quali esponenti della moderna destra neoliberista, pericolosa anche perché inesperta.

Da "polacco" —come, nel gergo delle caserme e nella neolingua dei tifosi del Real Madrid, chi parla in castigliano chiama dispettivamente chi si esprime in catalano— Vázquez Montalbán decide di recarsi a Madrid per auscultare il cuore del paese. Alle spalle stanno gli opulenti anni ottanta e la cultura del pelotazo, cioè dell'arricchimento facile della quale è stato principale interprete Mario Conde con la sua irresistibile ascesa alla Banesto con la prospettiva di approfittare del gerenalizzato malumore contro i socialisti e della scarsa fiducia verso i popolari di Aznar per seguire le orme tracciate da Berlusconi in Italia. Una cultura dallo stesso banchiere definita come tensione verso un "beneficio ottenuto unicamente sulla base di operazioni speculative senza impegni nella gestione di un'impresa, senza proponimenti a lungo termine, senza disegno o progetto imprenditoriale", il cui massimo risultato si realizza "quando a un beneficio speculativo corrisponde l'uscita dello speculatore dal mondo degli affari per ammministrare i propri guadagni". Sullo sfondo le tensioni tra la capitale e la Catalogna, unica metropoli, secondo un celebre detto, che vorrebbe separarsi dalle colonie; il terrorismo di Stato dei Gal contro quello basco dell'Eta e le trame attraverso le quali un gruppo di funzionari al vertice dei delicati servizi di sicurezza ha fatto dell'antiterrorismo fonte di personale arricchimento, la sovraesposizione di settori della magistratura e in particolare del pubblico ministero Baltasar Garzón, il Di Pietro spagnolo, protagonista di una parimenti fugace apparizione nei palazzi della politica.

II viaggio nella capitale risponde allo scopo di incontrare e interrogare, commentandone le risposte, giornalisti di grido (Manolo Vicent, Salvador Clotas, Joaquín Estefanía e Pedro J. Ramírez direttore de El Mundo, quotidiano che ha martellato il governo socialista al ritmo di uno scoop al giorno), banchieri affiliati all'Opus Dei (i fratelli Valls Taberner), magnati dell'industria mediatica (Jesús de Polanco, alla testa del gruppo Prisa, proprietaria di El País, della catena radiofonica Ser e di Canal Plus), gente che conta, seppure schiva, come Carmen Posadas, moglie dell'ex governatore del Banco di Spagna; ecclesiastici come monsignor Yanes, presidente della Conferenza episcopale; personalità influenti sul piano culturale e politico come Javier Pradera, ex consigliere di González ed editorialista di El País; salaci fustigatrici dei costumi della jet society di sempre e piú ancora dei neoricchi come Maruja Torres; esponenti emergenti del Pp come Alberto Ruiz Gallardón (presidente della comunità autonoma di Madrid); allenatori di calcio come Jorge Valdano; giudici d'assalto della "Mani pulite" spagnola (Clemente Auger e Garzón, che racconta della sua breve parentesi alle Cortes come indipendente eletto nelle fila socialiste); ministri come Juan Alberto Belloch (giustizia) e Carmen Alborch (cultura); analisti delle nuove tendenze letterarie, come Carlos Boyero e Javier Rioyo, che ricostruiscono gli ambienti della post-movida madrilena, presentando i nuovi scrittori della "prima promozione biologica di spagnoli rigorosamente postfranchisti"; segretari delle maggiori organizzazioni sindacali (Cándido Méndez dell'UGT e Antonio Gutiérrez delle CCOO); leader politici come Julio Anguita di Izquierda Unida e Felipe González, "signore dei bonsai" per passatempo preferito e per le dimensioni a cui avrebbe ridotto il socialismo spagnolo. Fino alla Zarzuela, residenza dei reali, dove il viaggio si conclude al cospetto di Re Juan Carlos, al quale l'autore giunge dopo una lunga, efficace digressione narrativa sulle peripezie attraverso cui López Rey, consigliere di Izquierda Unida al comune di Madrid, è riuscito a organizzare una visita del sovrano nel periferico quartiere proletario di Orcasitas.

Interviste e commenti offrono spunti molteplici. Basterá accennare ai disagi della sinistra non-piú-vetero e non-ancora-post-comunista che emergono dalla conversazione con Anguita, desolante per l'enfasi con cui reitera che gli elettori non lo hanno capito, che ci vogliono piú militanza, piú organizzazione e piú volantini di propaganda. O l'impressione che lasciano le pagine dedicate a González, furbescamente incredulo nel sostenere che non era a conoscenza della guerra sporca contro l'Eta o quando interpreta la strategia "etarra" degli ultimi mesi in chiave antisocialista e pro-popolare; minimizzante nello scaricare sui precedenti governi dell'Ucd la responsabilità dell'antiterrorismo illegale e nell'affermare che gli eccessi in Spagna sono stati pochi e perfettamente omologabili a quelli delle democrazie consolidate; sconcertante nel rivendicare la ragione di Stato, senza la quale si andrebbe direttamente incontro alla catastrofe. "È un poco —precisa il leader socialista— il modello italiano, diciamo, di fronte al modello francese. Sono agli antipodi. Il francese, Stato, Stato, Stato. Italia, liquidazione dello Stato, praticamente anarchia dal punto di vista istituzionale". E altre amenità, come quella di citare Aristide e l'ostracismo di cui rimase vittima attraverso la storia dei greci scritta niente po' po' di meno che da... Indro Montanelli.

A ben vedere, il viaggio ha una triplice dimensione. Quello a Madrid serve per ripercorrere la crisi socialista e per esplorare, prima che i mutamenti politici si registrino sul piano elettorale, le trasformazioni culturali e le mutazioni antropologiche che di quel cambiamento costituiscono la premessa. La terza dimensione è data alla memoria. A Madrid l'autore riannoda rapporti ed evoca situazioni. Alcuni interlocutori e molti accompagnatori sono infatti ex compagni della lotta antifranchista (ex comunisti nella maggior parte dei casi) poi approdati nelle stanze del potere o nelle sue anticamere. Emblematica la figura di Esperanza, amica e compagna nella militanza clandestina, ora quasi sessantenne, accanita sostenitrice del governo socialista, che non perde occasione per rampognare l'utopismo dell'autore costretto, nelle ultime pagine del libro, a prendere atto dell'irreversibile fine di una sintonia ideale durata un terzo di secolo e con essa di un'altrettanta longeva amicizia.

Come si diceva, Vázquez Montalbán non è viaggiatore notarile, non si limita a registrare, commenta e prende posizione. La prende sulle responsabilità di Felipe González e dei socialisti nel non aver liquidato le eredità del franchismo nelle forze di sicurezza, negli apparati dello Stato, nell'aver unito la mancanza di tradizione alla mancanza di principi e nel non essere stati capaci di segnare una rottura con la cultura tradizionale del potere, rinunciando a epurare i responsabili di tortura nei corpi di polizia e di sicurezza. La prende nei confronti delle modalità della stessa transizione democratica che ritiene esser stata paternalisticamente governata dall'alto. La prende nei ripetuti, ma troppo criptici, riferimenti al patto segreto che avrebbe convinto i vertici militari a non sostenere il colonnello Tejero nel suo tentativo di colpo di Stato del 23 febbraio 1981 in cambio di garanzie sul rallentamento del processo autonomistico e sul ricorso a ogni mezzo per estirpare il terrorismo dell'Eta. Le prende soprattutto a favore dello Stato di diritto e del superamento del segreto di Stato quali principi dissuasori rispetto a ogni tentazione e tendenza delittuosa del potere.

Cosí come per le speranze e le attese sul dopo Franco si è soliti attingere alle fortunate Conversaciones en Madrid pubblicate da Salvador Pániker negli anni sessanta, difficilmente si potrà d'ora in avanti, prescindere dalle annotazioni sulla "seconda transizione" di questo singolare "polacco" che, volendo fare cronaca, ha lasciato anche una fonte per la storiografia che verrà. Noi, in questa circostanza meno fortunati, abbiamo avuto La svolta di Bruno Vespa.


Alla corte di re Juan Carlos, il capitolo in cui MVM incontra il Re.