Creato il Ancora su Juan Carlos I: |
Alla corte di Re Juan CarlosMANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁNLa Repubblica, 25 / 5 / 1996.Esiste la solida tradizione di non riferire pubblicamente sulle interviste realizzate a Don Juan Carlos. Anzi, Don Juan Carlos non concede interviste, ma udienze. Di seguito si sono virgolettate le parole del Re per maggiore chiarezza. Il visconte di Almansa mantiene il suo impegno epistolare e mi fissa un appuntamento al
Palacio de la Zarzuela per il 27 febbraio "...informandoLa che l'accesso a palazzo si effettua
da Somontes, sulla stradale verso El Pardo". Per certi versi io sono cresciuto insieme a quest'uomo, e la prima immagine che ricordo di lui è una immagine in rotocalco marrone, sulla prima pagina di un quotidiano barcellonese della mia infanzia, che mostrava la foto del suo arrivo in Spagna per mettersi sotto la tutela di Franco e sperimentare la rieducazione di un Borbone, figlio di Borboni, esitante tra l'afranchismo e il franchismo per tornare infine all'afranchismo. |
    Lo ricordo come un bambino biondissimo, con i capelli un po' ondulati, occhi grandissimi e pieni di sensibilità, ma forse questa sensibilità era accentuata dalle occhiaie che invitavano a domandargli: «Che ti succede, ragazzino?» Mia madre disse qualcosa di importante in quell'occasione, soprattutto perché a dirlo era una repubblicana, catalanista nonostante le sue origini meridionali, una specie di Esquerra Republicana (Sinistra Repubblicana) e Cnt (Confederazione Nazionale del Lavoro), vedova di un soldato della Fai (Federazione Anarchica Iberica) annegato in un fiume appena iniziata la guerra, poi compagna di un militante del Psuc (Partito Socialista Unificato di Catalogna) che languí a lungo in galera e madre di futura carne da galera. «Poverino, cosí lontano dalla mamma e cosí vicino a Franco».     Negli anni che seguirono ho partecipato alle posizioni della sinistra repubblicana di fronte a un Principe non meno erede di Franco che della dinastia borbonica, ma non ho mai smesso di considerare che Don Juan Carlos aveva pagato un alto prezzo, e duro, per la propria fedeltà alla ragione dinastica: vivere l'intera infanzia e l'intera adolescenza nella caverna franchista, anche se di tanto in tanto gli si concedeva di conoscere altri bambini, alcuni dell'intelligenza di un José Luis Leal, o intraprendenti come un Manuel Prado Colón de Carvajal, fatto da intendere come un generoso sforzo di Franco perché il futuro Re non si vedesse circondato soltanto da militari e cattedratici legati alla verità ufficiale.     Nel mio romanzo Sabotaggio olimpico ho immaginato il Re immancabilmente munito di un manuale di Formazione Professionale Permanente dei Re, fantasia che ho convalidato ogni qualvolta mi è stato domandato, in Spagna o all'estero, che cosa pensassi sul Re o sulla famiglia reale: «È un eccellente professionista. Anche la famiglia lo è. È composta da professionisti eccellenti». E questo perchè essere re, uno dei pochi rimasti sull'orlo del terzo millennio, è soprattutto un mestiere, e soltanto i Re capaci di fare il Re come si deve saranno rispettati nel mercato delle istituzioni in questa nostra era che è la più pragmatica mai vista nei secoli. La logica dell'efficacia e della necessità ha raggiunto anche le case reali, ragione per cui Juan Carlos di Spagna, da bravo professionista, sa distinguere tra la sua vita pubblica, il suo lavoro e la sua vita privata, come egli stesso ebbe a dire a José Luis de Villalonga nel libro di conversazioni Il Re (pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer, n.d.t.): «Ai tempi del generale Franco non si faceva distinzione tra il capo dello Stato e la sua persona privata. Il generale Franco non veniva mai considerato, in nessun momento, come una persona privata. Io ci tengo molto ad esserlo, non appena riesco a liberarmi dagli impegni della mia carica». Appena arrivo a palazzo vengo accompagnato in una saletta contraddistinta da tutti gli attributi dell'asepsi. Nemmeno le riviste posate sul tavolo emettono segnali tendenziosi. Non una sola rivista di informazione politica spagnola, e invece vedo campeggiare The Economist, Le Nouvel Observateur, Le Point, Time, insieme ad Apnea, specializzata nel mondo sottomarino, e Desnivel, per alpinisti. Dentro un'urna, rose di ferro, efflorescenze cristalline provenienti dal San Gottardo; alla parete, un bozzetto di Sorolla di ciò che avrebbe dovuto essere un ritratto di Alfonso XIII frustrato dalla morte del pittore; su un tavolo all'angolo, una targa di argento sbalzato del gioielliere Bulgari con la riproduzione del nome della romana via Condotti, una delle strade che partono da piazza di Spagna in una delle più attraenti zone della città, targa dedicata al re, nato a Roma e ricordatissimo per le sue visite alle trattorie di Trastevere; c'è anche un Astrolabium Universalis Hispaniae, poetico e ambizioso marchingegno per osservare la posizione degli astri e determinare l'altitudine rispetto all'orizzonte. |
    Navigo sulla scia del mio introduttore che mi abbandona sulla soglia dello studio reale. Trovo Don Juan Carlos con i capelli di un biondo un po' più pallido di quello di quattro anni fa, i lineamenti borbonici sottolineati dagli anni, nonostante stenti a scomparire
l'ombra dei malinconici tratti di sua madre, così presente nelle foto dell'infanzia e dell'adolescenza.
    [...] Recuperiamo la durezza della polemica inerente alle relazioni tra la Catalogna e la Spagna mistificata dagli interessi politici tesi a indebolire la polemica tra
Pujolismo e Felipismo (gli ismi sono farina del mio sacco), e il Re confessa di essersene preoccupato parecchio nei momenti di maggior tensione e di aver cercato di intermediare, forse con espressioni non dissimili da quelle che, dicono, aveva rivolto in catalano a Pujol la notte del golpe, fallito, del 1981: «Tranquillo, Jordi, tranquillo». Ma più di recente andavano invece calmati coloro che con il discorso anti-pujolista agitavano le acque del cahier de
doléances anticatalanista, delle rivendicazioni della Spagna povera e unitaria contro la Catalogna ricca e secessionista.     I gesti. Un Re comunica più con i suoi gesti che con le lunghe frasi, ma talvolta i gesti dei Re svaniscono nell'aria o restano al massimo nelle fotografie.     [...] No. Non accadrà nulla se vince il Pp (Partido Popular, di
Aznar). Che può mai accadere? Le istituziom sono salde, dice il re. La democrazia si è consolidata. I poteri finanziari sono tranquilli. Erano più irrequieti qualche anno fa. Ci manca un po' di rodaggio democratico per cui ancora oggi viviamo le alternanze di potere quasi come un cambio di regime. Non Le dico che il mio brindisi preferito è «alla caduta regime», perché non vorrei lo interpretasse come uno slancio repubblicano. In realtà, quando brindo alla caduta del regime scommetto sul senso dialettico della storia. |
    Nato in esilio, in esso cresciuto condizionato da un dittatore presuntamente monarchico, diventa allo stesso tempo erede della monarchia e della dittatura, ma finisce col favorire il ritorno di una democrazia che nel passato era già costata la vita alla monarchia di suo nonno. Ouroboro. Il serpente che si morde la coda? O, nel caso di Don Juan Carlos, il ruolo dell'esperienza per arricchire l'istinto dinastico: le monarchie possono durare purché non diventino un ostacolo alla ragione democratica e sempre che trasmettano una gestualità interclassista. Don Juan Carlos non commetterà gli errori che costarono la corona al nonno, Alfonso XIII, bozzetto del quadro incompiuto di Sorolla, o al cognato, Costantino di Grecia.
    [...] Il Re ricorda come particolarmente duro il momento in cui Franco lo mise tra l'incudine e il martello: «Vuole essere mio erede con il titolo di Re?».     [...] È nota la passione di Don Juan Carlos per le macchine, e quanto gli piaccia guidare la sua in cerca di un'autonomia di movimenti che i Re non si possono
permettere. Il Re adora mettersi alla guida e andare a Casa Lucio con la regina e alcuni amici per mangiare, come no, il rituale filettone di nasello. Al Re piace mangiare culturalmente bene, il che significa che gli piace ubbidire al precetto marxista, e qui parlo di Karl
Marx, secondo cui per conoscere un paese bisogna mangiare il suo pane e bere il suo vino. Lui e io abbiamo qualche Mecca gastronomica in comune. Ca l'Irene, a Baqueira, o l'Hispania di Arenys de Mar, gestito dalle sorelle Reixach, Paquita e Lola, capaci di vincere le resistenze vegetariane della regina. Il Re sarebbe ben felice di recarsi ovunque in moto. |
    —Chi Le vieta di andare in moto?     —La regina. I miei figli.     Incidenti e lesioni fanno parte della vita di uno sportivo, e l'istinto dinastico gli consiglia di non esporsi a fratture eccessive, mentre prosegue l'educazione del Principe, con il quale proprio oggi ha conferito a mezzogiorno. Parla del figlio come di un giovane di ventotto anni, pieno di curiosità per la fauna e la flora della politica spagnola. Tu, papà, che ne pensi di Caio? E di Sempronio?     Ascoltando le opinioni di Don Juan Carlos su tale fauna e tale flora, mi torna in mente il monologo di Gelsomina, la protagonista de La Strada di Fellini, la quale dice che anche le pietre hanno un loro senso nell'universo.     [...] Ritorno nello studio del Re mentre mi sta raccomandando un ristorante di Aranjuez di cui gli sono state cantate le lodi. (Traduzione di Hado Lyria) Ancora su Juan Carlos I: |