Creato il 15/3/2011. |
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PECCATI DI GOLA
Elisabetta Pintor
Corriere della Sera, 4 / 10 / 1992.
Di Manuel Vázquez Montalbán, creatore del detective-gastronomo Pepe Carvalho, protagonista di una fortunata serie di romanzi gialli, Feltrinelli nei prossimi giorni manderà in libreria Ricette immorali (traduzione di Hado Lyria, pagine 128, Lire 20.000). Il libro, su indicazione dello stesso autore, è rivolto a coloro i quali credono in una felicità immediata: saper cucinare, saper mangiare, tentare di imparare ad amare; ed è contro l'ipocrisia della ricetta cosiddetta familiare, "che può finire sempre con un pizzicotto o una siesta".
Esiste un'associazione di idee, ma esistono anche "associazioni commestibili" dice Montalbán. E aggiunge: «Tra quanto offre il piatto e quanto offre il letto, sarebbe sconsigliabile, per esempio, mettere assieme una fetta di
lonza di maiale impanata, servita con le mele, a una partner bionda con i denti radi. Questo tipo di partner è la fine del mondo con il fegato di pollo gratinato e spinaci, mangiati con un po' di svogliatezza».
Il "ricettario" di Montalbán, commentato e debitamente annotato, è indirizzato non soltanto a eterosessuali. Allo scrittore catalano abbiamo rivolto alcune domande su questo suo ultimo libro pubblicato in Italia.
—Ricette immorali. Perchè immorali?
—C'è una evidente intenzione ironica nell'aggettivo "immorale". La società trasforma in immorale quasi tutto ciò su cui punta per ottenere la felicità.
—Per ogni formula culinaria lei indica una coppia o al massimo, un terzetto. Perché una cucina per cosí pochi commensali?
—Non mi piacciono le immoralità di gruppo. Le orge vanno bene solo nei film di Fellini. Il rapporto tra cucina e sesso esige che non si superi il numero di tre. Quattro equivale a propiziare due coppie. E cinque è già una massa.
—È vero che, secondo lei, la cucina afrodisiaca non esiste?
—L'unica cosa afrodisiaca è la coppia. Mangiare il partner può essere afrodisiaco. Ma bisogna arrivare giusto al limite dove comincia il cannibalismo.
—La sessualità umana è determinata più da ciò che mangiamo che da come viviamo in genere. Come la pensa in proposito?
—L'uomo, come la donna, è quel che mangia. Su ciò si sono trovati d'accordo Ippocrate, Aristotele, Feuerbach e Pepe Carvalho. Nella sessualità, però, influisce soprattutto un sistema di vita poco erotizzante. Per questo conviene creare ambiti erotizzanti. Una sala da pranzo, per esempio, può esserlo.
—La sessualità è dunque influenzata dal cibo. E allora il vino? Mi par di capire che per lei il vino apra le residue porte del pudore e del conformismo. È cosí?
—In effetti, il vino serve ad aprire gli sfinteri perché se ne vadano via le repressioni. Ma bisogna berne la quantità giusta. Se se ne beve troppo, assieme alle repressioni se ne va via tutto il resto.
—Ci può essere un comportamento goloso non dipendente dal sesso?
—Sì. C'è tutta una filosofia della senilità impotente e rassegnata che si esprime con la frase: "Quando non ci rimane altro che il mangiare..."
—So che lei si diverte a identificare personaggi famosi con particolari pietanze. Può fare qualche esempio?
—Ultimamente sono diventato un entusiasta di Sharon Stone. Mi piacerebbe poter dividere con lei un menù nel quale non si dovessero utilizzare coltelli e forchette. Qualcosa che si potesse mangiare soltanto con le dita, la lingua e i denti.
—Il cibo è anche politica?
—Il non poter mangiare è politica. La fame è politica. Per esempio, l'ostracismo imposto alla tazza di tè dai narratori americani negli anni Trenta nasce da una violenta repressione alimentare. La rivendicazione del bere è quasi politica. È una protesta contro la ley seca, il proibizionismo. Per questo Philip Marlowe e Sam Spade bevono tanto.
—Carvalho mangia cibi popolari, tradizionali. Tuttavia, non ha regole: passa dalla bruschetta a cibi più complessi, impasticciati. È un modello di mangiatore saggio?
—La cucina è il luogo migliore per la postmodernità. Molto meglio della Storia. Il patrimonio culinario è immenso, inesauribile e porta all'eclettismo, alla costante curiosità, a rinunciare a dogmi, settarismi, ad affermazioni troppo categoriche. La cucina è un sapere aperto.
—Le ricette che Carvalho prepara nei suoi libri, sono quelle sue? O le inventa volta per volta?
—Le ho prima realizzate nella mia cucina. Sono ispirate a ricette esistenti, ma un po' modificate. Se il lettore segue le istruzioni, potrà divertirsi a cucinarle. Visto il prezzo dei libri, oggi, questa benedetta letteratura deve pur servire a qualcosa...
—In Galíndez, assieme ai tradizionali fagioli, compaiono Coca-Cola e ketchup. Questo vuol dire che la colonizzazione della cucina spagnola è cosa fatta?
—In Galíndez la cucina non ha importanza. È un semplice sfondo nell'agire dei personaggi. In effetti la colonizzazione culturale yankee è cominciata coi pantaloni texani (blue jeans) e l'hamburger. Evtusenko, quando negli anni Sessanta vuole caratterizzare un giovane sovietico "moderno", dice di lui: "Portava i pantaloni texani / e leggeva Hemingway". Se c'è qualcosa di buono nella colonizzazione nordamericana, questa è data dai pantaloni texani, da alcuni scrittori e da qualche film. Ciò che è tremendamente negativo è, invece, quella salsa di pomodoro in bottiglia che qualcuno sembra iniettarsi per via endovenosa.
—Gli intellettuali sono dei buoni mangiatori?
—Quelli di destra sì. Noi di sinistra abbiamo scoperto la cucina quando abbiamo perduto di vista l'assalto al Palazzo d'Inverno. Dal punto di vista della cultura della sinistra "repressiva", ci si è sempre dimenticati del cibo, liquidandolo come una questione borghese. La cultura popolare, invece, lo ha sempre rivendicato come una manifestazione di festa, di partecipazione (un giorno o due all'anno, evidentemente per motivi economici). È una cucina molto interessante, perchè riesce a conservare la consapevolezza di essere memoria viva. È ancora più interessante l'invenzione dell'autore, perché può utilizzare tutto il patrimonio culinario modificandolo con la sua personalità.
—Chi mangia meglio, l'uomo o la donna?
—Le donne emancipate mangiano come gli uomini: tanto e senza pregiudizi. Le donne non emancipate mangiano dissimulando, come se il mangiare non fosse "femminile", o come non meritassero di mangiare tanto come un uomo.
—È bene mangiare prima o dopo aver fatto l'amore?
—Prima, durante e dopo.
—Un libro su ricette immorali pubblicato, oggi, in Italia, in cui la questione morale è la più urgente e la più dibattuta: pensa possa essere considerata, eticamente, una provocazione?
—Magari fosse solo questo. Sarebbe già tanto se i problemi immorali dell'Italia e della Spagna fossero quelli che si prospettano nel mio libro. Il problema delle "democrazie stanche" non è l'immoralità. Si inizia nella doppia morale e si termina nella amoralità
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