Creato il 21/8/2002.
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L'imperatore è un cannibale solitario
MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN
Letto nella versione spagnola dall'autore il 30 / 05 / 2002 presso la Basilica di Massenzio di Roma, nell'ambito del Primo Festival Internazionale delle Letterature.
Di tutte le solitudini che si possono comprendere e connotare, dalle più essenziali alle più fisiche, riconosco Signor Imperatore che nessuna supera la Sua, posta all'apice della globalizzazione, all'inizio della distanza più breve tra Disneyland e il sole. Solitudine accentuata dal fatto che Lei è stato scelto da una minoranza di sudditi, decisione attribuita alla negligenza dei cittadini, ma che forse, tenuto conto dei Suoi meriti, bisognerebbe attribuire all'immensa saggezza spontanea delle masse, con l'esperienza di oltre un secolo d'impero, tempo sufficiente per verificare come il ruolo dell'imperatore dipenda dal potere economico che lo finanzia e dalla capacità del personaggio di recitare la parte.
Lei incarna, al livello più alto, la solitudine del politico, raddoppiata fin dal periodo tra le due guerre, non importa quali esse siano, quando i professionisti della cosa pubblica diventarono portavoci del potere economico e per conoscere un po' meglio il futuro non è tanto utile conoscere il nome del nuovo imperatore quanto quello dei suoi patroni. Durante il periodo tra le due guerre, il sistema schiacciò la capacità rivendicativa dei nemici dell'impero e, durante una delle guerre più lunghe, venne annientata la coscienza politica realmente alternativa a quanto potevano rappresentare i valori riconosciuti come i più eterni. Si impose via a via l'evidenza dei limiti del cambiamento e del ruolo di delegati del potere economico e tecnico-militare che i politici avevano detenuto a ogni livello, fino a quello più alto, quello dello stesso imperatore. Ricordo, Signore, che nella mia gioventù contestataria era di estrema importanza leggere analisi politiche in cui si dimostrava come fosse più utile giocare a golf con l'imperatore che essere un suo votante. Gli imperatori giocano a golf con il potere economico e culturale legato agli apparati ideologici, informativi e dirigenti televisivi. È questa la vicinanza che conta poiché isola nei migliori greens l'immaginario del potere politico senza staccarlo dai suoi padroni.
Così si spiega che certi infradotati non solo per la politica ma addirittura per la conversazione siano diventati imperatori senza che avvenisse alcuna catastrofe galattica. Di alcuni di essi si diceva fossero incapaci di fare due cose insieme, per esempio, scendere una scala e masticare gomma americana. Non erano leggende o calunnie. Uno degli imperatori più transitori cadeva dalle scalette degli aerei ogni volta che si ostinava a scenderle senza smettere di masticare la sua gomma. Gli imperatori sono di solito busti parlanti solitari e intorno a loro si muovono due generi di esseri: esperti autosufficienti recrutati nelle sfere più alte del sapere e collegati a tutti gli apparati del potere reale, quello economico e quello militare, e borsiste un po' cicciotte avide di comunicazione orale. I redattori di agiografie scrivono che vi fu qualche imperatore più notevole degli altri, a seconda di quando recitasse bene la sua parte, fatto non sempre ovvio, talvolta omologabile secondo le migliori tecniche della scuola di Stanislavskij o del controllo naturalistico di Sir Lawrence Olivier.
Lei venne eletto perché il suo rivale era un po' palloso, più adatto a fare il presidente di un qualche ordine di avvocati ricchi che a fare l'imperatore. Inoltre, negli ultimi tempi era ingrassato troppo e i retroscena della sua candidatura si erano resi evidenti fin da quando era nato o dalla sua iscrizione a Harvard. Soltanto Lei poteva aspirare a presiedere quest'impero, e ora, perché in ogni altro luogo del mondo, senza Suo padre e senza la Sua lobby, si troverebbe a vendere il pop-corn negli stadi o alle corridas. Lei, Imperatore, non apparteneva neanche alla razza di quelli che cadono dalle scale quando masticano gomma americana, ragion per cui i suoi consiglieri non La lasciavano scendere le scale e ancor meno masticare gomma, neppure quando queste cose le faceva una alla volta. E non la lasciavano neanche sbocconcellare salatini, ma Lei se li nascondeva nelle tasche e nei cassetti più segreti delle stanze imperiali e si procurava minuti di assenza per mangiarli, pensando solo al curioso senso del sale: salare le cose.
Qualche giorno prima delle elezioni, emerse dalle gole e dai cassoni più profondi, il ricordo di Lei, non più tanto giovane, ormai quarantenne, che assumeva droghe proibite e sopratutto la più convenzionale di esse, l'alcol. Arrivarono a ritirarLe la patente di guida; poi si rigenerò quanto basta per uscire dalla sua crisi da quarantenne e trovare un posto di lavoro e uno stipendio come vicerè di una provincia importante dove si dedicò a spedire alla sedia elettrica i perdenti sociali che, per via delle loro stesse carenze o tossicodipendenze, non ebbero a loro disposizione materassi per addolcire la caduta. Nel giustiziare la vittime del sistema con tanta facilità di colpire, saggiamente, Lei sterminava quell'altro io che si ubriacava per dimenticare la Sua stessa mediocrità e che la Sua identità dipendeva esclusivamente dal fatto di chiamarsi come Suo padre, il vecchio imperatore in grado, lui sì, di scendere le scale e masticare gomma tutt'insieme, ma non di farsi la barba mentre cantava e nemmeno di cantare mentre si faceva la barba.
No. Voi non eravate candidati entusiasmanti, come ragionava assai bene Woody Allen in un acuto articolo pre-elettorale, anche se quel gran castratore di malinconie proprie e altrui tendesse per votare, senza speranze, in favore del Suo rivale. L'elezione del presidente degli Stati Uniti, nonché Imperatore per il rimanente universo, esclusi alcuni pochi Stati in transizione storica o con senso dell'umorismo, era già stata decisa e ora appartiene al libro in cui tutto è scritto, in cui si attesta come Lei, appena seduto sul trono, tirasse fuori alcune delle sue migliori carte di governo, quasi tutte ereditate dall'équipe di suo padre che del resto non erano strettamente dell'équipe di suo padre. Perché Voi due appartenete a quel genere di imperatori poco dotati per l'analisi politica e dipendenti da quelle che un tempo si chiamavano lobbies o gruppi di pressione e che ora non sappiamo come nominare in quanto la rivoluzione conservatrice, così urgente e generosa, non ha trovato il tempo per correggere tutti i truci eccessi significativi della sinistra. Propongo che lobbies e gruppi di pressione si chiamino Organizzazioni Non Governative di Agenti di Interazione Extraparlamentare.
Tra tutte le nomine, la più appariscente fu quella di un Visir degli Affari Esteri nero. L'appariscenza del colore della sua pelle si offre a diverse letture, ma nessuna di esse evidenzia che il suo comportamento in quanto protettore della politica estera sarebbe stato diverso da quello di un generale in pensione anche se bianco. La condizione di perdente simbolico non presuppone solidarietà con i perdenti: abbiamo già visto che Margaret Thatcher fu un capo del governo durissimo, mai affetta della benché minima dose di femminismo. Anche se la Thatcher ci avvertiva delle sue intenzioni ogni volta che usciva dal parrucchiere coronata da una permanente non meno incorrotta del braccio di santa Teresa, il suo visir ex generale e nero ci aveva già fatto capire durante la Guerra del Golfo che cosa significhi la nuova logica bellicista del sistema intesa a eliminare la disoccupazione mediante la tecnoindustria armamentista. Il Suo ministro degli Esteri venne definito un eroe di quella guerra, di quella prodigiosa commedia militare mediatica zeppa di spie e cormorani infiltrati, prima dimostrazione di come, nelle guerre avanzate, a morire sia soltanto il nemico e di come il disordine internazionale indossi la maschera del suo contrario. Il Suo visir aggiunge la volontà di far sì che le guerre non vengano chiamate guerre e siano trasmesse in diretta dalla CNN a condizione di non mostrare né i cadaveri né le distruzioni che i buoni possono infliggere ai cattivi. Nemmeno i neri dell'Africa Equatoriale, è un modo di dire, devono quindi fidarsi del fatto che l'Impero ha un uomo favorito nero, nel caso che chiamarlo così sia politically correct.
A voler credere a quanto hanno scritto sul Suo conto i Suoi sudditi più immediati, veremmo colti da un'incurabile insonnia, e a voler trarre facili interpretazioni dai Suoi gesti e parole quando appare in pubblico, potrebbe scaturire un panico universale collettivo con susseguenti domande di asilo politico persino in Cina. Insicuro e irrilevante, Lei riproduce il prodigio paterno ed ecco apparire il mistero per cui due personaggi tanto insignificanti e simili siano diventati imperatori. Teologi neoliberisti inculcarono in Voi l'ubbidienza cieca a una politica decisa ad abbassare le tasse, privatizzare quanto non era stato ancora privatizzato, mettere freno alla sanità pubblica e appoggiare la scuola privata, bloccare economicamente l'Onu costringendola a piegarsi del tutto agli interessi strategici dell'Impero, aumentare il budget per la Difesa, non collaborare al tentativo di costringere le industrie a una pulizia ecologica per non frenarne la produttività, dare un taglio all'immigrazione dei dannati della Terra ritenuti uno dei pericoli atti a disidentificare l'Impero, fermare la campagna per bloccare la vendita di armi ai privati, e indurire la politica repressiva contro la delinquenza, senza fare quasi nulla per ottenere un reinserimento sociale servendosi invece di sedie elettriche e fosse comuni.
È come se i suoi mentori Le avessero consigliato di copiare un catalogo della reazione moderna o di prendere sul serio un film satirico sul comportamento del perfetto principe della destra tendente a destra. Mancava soltanto che un gruppo di terroristi gassosi, nel nome di Allah, si dedicasse a bombardare le torri più alte dell'Impero, perché Lei fosse costretto a programmare una guerra non meno santa e pertanto non meno terroristica. Noi, tutti i suoi sudditi, siamo stati a guardare come l'imperatore infieriva un po' di più sul popolo afghano e annunciava una crociata incontinente contro i centri del terrore, utilizzando a tale scopo bombe atomiche dagli effetti limitati e bugie dagli effetti illimitati. Non era stato espressamente detto che uno Stato imperiale potesse creare un Dipartimento di Bugie per disorientare non soltanto i nemici, ma persino gli alleati, il che ci spinge a esortare il genere umano a una meditazione sulla relatività dei valori politici e persino storici passati attraverso i filtri delle bugie necessarie. Abbiamo sempre giudicato molto negativamente Nerone in quanto, si dice, incendiò Roma per incolpare i cristiani. E nemmeno Caligola si è fatto buona fama nominando proconsole il suo cavallo preferito.
Quasi duemila anni dopo, il nostro imperatore crea un Dipartimento di Bugie Cosmiche, e noi restiamo nella stessa abulia di prima. Tra il sinistro e il comico, la condotta politica dell'impero non riesce ad accedere al tragicomico, e resta sinistra e comica. Abulia specialmente malinconica, quella dell'Europa, dove il vicerè inglese e il suo collega tedesco si dedicano a segnare la distanza tra l'Europa del Nord e quella del Sud, nel pregiudizio che noi spagnoli, italiani, greci e portoghesi siamo arrivati in Europa sulle carrette dei mari molti, moltissimi anni fa. Vero o falso? Se l'europeismo viaggia attraverso una doppia via interiorizzata, non viaggia attraverso nessuna via esterna. Sbarcato nelle Filippine l'esercito imperiale, quasi sbarcato anche in Colombia e minacciati di sbarco l'Iraq, l'Iran e la Somalia, si tratta di sbarchi veri o finti? Fu vero o falso che Le andò un boccone di traverso e quasi perse conoscenza a causa di un salatino? O forse, troppo fiducioso nelle Sue possibilità, masticò e pensò allo stesso tempo? Non insisto sui miei dubbi a proposito di quanto è verità o bugia, perché anche se l'ufficio delle smentite imperiali ci ha detto che sono finite le doppie o finte verità, quel che ci ha detto è verità o bugia? Verità, bugie, video in cui si riprende non già la fine della festa del XX secolo, ma l'inizio dell'esilarante banchetto insanguinato in cui si sta trasformando il XXI, un secolo in cui i grand guignol ci avvicinano di più alla realtà che non le presunte immagini reali e, primus inter pares, il grand guignol dell'imperatore.
Mi spiace, ma essendo stato educato in tempi di espiazioni e repressioni, sono diffidente e il peggio che possa capitare a un diffidente è che il Dipartimento di Stato dell'Impero gli stia mentendo persino quando gli comunica che ha smesso di mentire. Era mio proposito far scomparire il mio personaggio letterario, il detective privato Pepe Carvalho, testimone storico che sembrava privo di funzioni davanti alla fine decretata della Storia. Ma in un mondo in cui Lei è potuto diventare imperatore, non si può separare la politica dal delitto. Non possiamo privarci di Carvalho, della sua nauseata malinconia nata in un qualche momento della Storia, non so quale, in cui il detective aveva scoperto che la Creazione fu un precipitoso pasticcio per cui tutto quel che è vivo deve mangiarsi tutto quel che è vivo, senza escludere la pratica del cannibalismo come un eccesso del senso ludico della gastronomia. Non si tratta di un problema di vita o di morte del personaggio, bensì di un riciclaggio professionale: alla sua età, Carvalho non può più pretendere di essere un atleta sessuale giapponese né un uomo contundentemente aggressivo. Sto studiando la possibilità di farlo entrare in una ONG, Detectives senza Frontiere, apertamente opposta all'ONG egemonica, Finanzieri senza Frontiere.
Fortunatamente, Mestà, Lei è riuscito a non morire soffocato da un salatino ritornando quindi, se non alla lucidità, almeno alla bella cera. Verificato che è al di sopra della razza degli imperatori che non riescono a masticare gomma americana e scendere insieme una scala, senza essere tuttavia tanto abile da rubare il portafogli a se stesso, cosa che riusciva in modo così magistrale a Richard lo Sporco. Appena ritrovata la lucidità, ha dichiarato che l'Impero non dirà più le bugie, nemmeno ai suoi alleati, nemmeno a Javier Solana, ma non ha detto nulla sulle bugie che già circolano sul mercato della verità senza sembrare bugie. Peggiore della bugia è la non-verità, come già avevano tentato di dimostrare alcuni filosofi della Scuola di Francoforte. La capacità di non-verità dell'Impero attuale supera quella di qualsiasi altro Impero precedente.
Rimangono ancora dei sospetti sull'antrace e sullo stesso Bin Laden. Verità o bugia? L'attacco con l'antrace durò appena quanto basta per denunciare l'esistenza di un nemico interno che doveva essere sconfitto all'esterno E Bin Lden potrebbe ben essere un design virtuale, alla maniera di una superazione subliminale di Attila, del Gran Khan, Fu-Manciù e del Dr No. È vero che il capo dei taliban, pur essendo guercio, riuscì a scappare su una Lambretta, è un esempio, o si tratta di un alibi per giustificare l'accresciuto budget militare dell'Impero? Siamo sul chiarissimo terreno che distingue la Verità dalla Bugia, senza entrare ancora in quello della Non-Verità piena, come il processo a Milosevic.
Mentre il truce barbaro serbo fu l'accusato, fece parte del scelto mercato delle verità dei più potenti media dell'impero, ma scomparve come merce informativa appena diventò l'impugnatore di un tribunale tanto militante, ridicolizzando la sua insufficiente presidentessa, oltre che accusatore di coloro che l'accusano e che in un qualche momento della loro vita e della nostra storia lo aveva appoggiato in quanto statista imprescindibile. A cominciare fu la CNN, determinante nel fissare il canone della verità dell'Impero, ignorando il processo dell'Aja e, disciplinati, tutti i media leccapiedi fecero black-out e partirono in cerca di un altro fronte della Libertà Durevole, una Non Verità enunciativa che maschera l'ambizione lirica di un imperatore solitario che solo governa per davvero sul territorio in cui clandestinamente conserva i salatini e immagina sedie elettriche globali al servizio di consegne poetiche che oserei definire precolombiane, chiaramente cheyenne, come per esempio: Libertà Durevole. Durevole non si sa quanto a lungo, perché nella sua solitudine, l'Imperatore ha visto con molta chiarezza cose che non sono vere.
(Traduzione di Hado Lyria)
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