Creato il 25/6/99.
Ancora su Lady Di:
Diana non era come Marilyn.
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Lady Di, adultera, vergine e martire
MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN
Le Monde Diplomatique - Il Manifesto, settembre 1998.
Nel Convivio, Platone sostiene che, all'origine, l'essere umano, prima della divisione dei sessi, era sferico ed autosufficiente, e la sfera, in tutte le culture arcaiche, ha sempre
simboleggiato la perfezione, la totalità. D'altra parte, sul piano metaforico, la rosa è il fiore simbolico piú utilizzato in Occidente; essa indica la rigenerazione e l'amore puro: Beatrice, nella Divina Commedia, offre una rosa gialla al suo amante nell'ultimo cerchio del paradiso.
Per questa ragione, qualche mese prima del matrimonio di Cristina di Borbone, figlia del re di Spagna, con Ignacio Urdangarin, giocatore di pallavolo del Barcellona, quest'unione venne qualificata come "l'incontro della rosa e della sfera", in questo caso intesa come la palla della pallavolo. Una misteriosa congiura ha rovinato questa trovata simbolica, ma bisogna
riprenderla per capire meglio il linguaggio segreto di questo matrimonio atipico: per la prima volta una principessa reale sposa un giocatore di pallavolo, che in piú appartiene al Futbol Club Barcellona, il Barça.
Un bel giorno, l'infante Cristina sbarca a Barcellona per lavorare alla Caixa Bank, come un'immigrata della classe media ben consigliata. Infatti la Caixa Bank è una delle ditte piú solide della Catalogna. Si sarebbe potuto catalogare il fatto come una espansione monarchica, ma la ragazza viveva la sua vita semplicemente, a modo suo, e si lasciava fotografare con il volto insonnolito quando arrivava in ufficio o quando parlava, timida e riservata, con i comuni cittadini.
Di tanto in tanto, Cristina tornava a Madrid per una foto di famiglia, ma rientrava rapidamente a Barcellona dove aveva la sua vita, cosa tanto difficile da avere. Cosí, mentre gli amori di suo fratello Felipe hanno a volte accenti che ricordano l'enigma di Mayerling, e i fidanzamenti della sorella maggiore Elena sembrano essere retti dal concordato con la Santa Sede o dal Concilio di Trento, l'incontro di Cristina con il giocatore del Barça faceva parte della vita quotidiana. Certo Ignacio piacque alla principessa perchè era biondo come suo padre, ma piú alto, e giocava meglio a pallavolo. Poi venne il protocollo
e diventó il matrimonio tra Caixa e Barça, un avvenimento del Gold Gotha ritrasmesso, il 4 ottobre 1997, dalle televisioni del mondo intero sotto l'attento sguardo di una regista socialista, Pilar Miró.
Se ho ricordato cosí a lungo i miei propri príncipi, non è per sciovinismo, ma perchè in Spagna e in Europa si ha l'abitudine di contrapporre il modello della monarchia spagnola a quello della famiglia reale inglese divorata dagli scandali, quasi tutti a sfondo sessuale, e rattristata un anno fa, il 31 agosto 1997, dalla morte a Parigi per un incidente automobilistico di Lady Diana Spencer, uno dei suoi principali sex symbol.
Mentre Lady Di, divenuta la funebre Dama del lago, monopolizzava le lacrime dell'umanitá, Cristina e Ignacio o Ignacio e Cristina, rosa e sfera, sfera e rosa, comparivano sugli schermi del villaggio globale come dei príncipi vitali, ma troppo periferici nel nuovo ordine mitico internazionale; infatti, nel mercato dei miti su scala planetaria, questi esemplari príncipi spagnoli esistono appena, mentre una concorrenza sorprendente oppone Lady Di, il Che e Madre Teresa di Calcutta.
Come una specie di incubo per il pensiero unico, per il mercato unico, per la veritá unica, per il gendarme unico, abbiamo visto, in questi ultimi tempi, emergere nuovamente la figura del Che come segno di insubordinazione, di ribellione, contro la Santa Inquisizione dell'integralismo neoliberale. Non come profeta delle rivoluzioni inutili, ma come simbolo del diritto di dire "no!".
Ormai, fare riferimento al Che significa puntare su una liberazione di nuovo tipo, persino al di lá della retorica rivoluzionaria diventata una sorta di codice obsoleto delle
impotenze passate. Fare riferimento al Che significa ritrovare il diritto dell'individuo a essere solidale senza dover chiedere perdono. Il Che resta valido perchè ha posto al di sopra di tutto la sua esigenza morale; e anche perchè criticó il conservatorismo, sia quello di destra che quello di sinistra. Il suo esempio serve a meglio denunciare questo mondo che la mondializzazione sta organizzando. Egli ci insegna nuovamente a parlare per liberare le parole che ci alienano.
Il sistema non puó piú promettere la crescita, e ancor meno la felicitá. Questa evidenza, percepita un tempo solo da pochi, è ormai una certezza su tutta l'estensione del pianeta. Ogni volta che l'immagine del Che si innalza al di sopra delle folle le cospirazioni del pensiero unico vanno in frantumi, e tutti gli intellettuali lecchini del sistema si fanno sfuggire un piccolo riso isterico di sufficienza.
Il ritorno dell'iconografia del Che ha cause diverse. Alcune sono in rapporto con l'ascensione ai paradisi mitologici di Lady Di e di Madre Teresa, la prima come strano prototipo di principessa adultera, ma vergine e martire, e la seconda come religiosa antecedente al Concilio Vaticano II, costruita a misura dell'attuale economia mondializzata ed empia. Abbiamo bisogno di miti di trasgressione per questa nostra epoca che sembra non avere finalitá storica; un'epoca che si autoconsuma sotto lo sguardo della gente minacciata da tutte le paure e sprovvista di una sia pur minima speranza. Sotto questo aspetto, Lady Di, come mito, ha la stessa forza e lo stesso senso del Che.
Quando una parte della societá si appropria di un referente simbolico significa che ne ha bisogno. Si puó, sotto questo aspetto, interpretare il ritorno del Che come il risultato della selezione di un valore rivoluzionario puro, di un profeta vinto ma puro, contrariamente a tanti profeti vinti e per di piú impuri, dopo tutte le catastrofi subite dalle utopie
rivoluzionarie, dopo la rivoluzione sovietica. Il Che è il rivoluzionario che, vincitore con la rivoluzione cubana, non ha voluto insediarsi come burocrate; egli incarna l'internazionalista rivoluzionario fino al sacrificio personale e si propone come opera aperta: re Artú che ritornerá un giorno a ristabilire la libertá e la giustizia. Un re Artú favorito da eccellenti fotografie, che lo ritraggono da morto o da vivo, e
che hanno conferito alla sua maschera funebre aspetti da Sacra Sindone, da Giusto assassinato. E' evidente che questo stesso mito morale ha favorito l'ascensione al paradiso di Lady Di,
compagna di viaggio di Madre Teresa.
Qual è la differenza tra un re e un principe? Si percepisce il re come il vero primum inter pares e il principe come il suo erede. Ma oggi un re o un principe costituzionali non sono piú solo dei mandatari celesti dipendenti da un Parlamento. Cosa era Carlo d'Inghilterra? Niente o quasi niente fino al suo matrimonio con Diana Spencer, e i loro problemi d'alcova. Il principe Carlo non ha potuto nascondere, nei giorni che hanno seguito la morte della sua ex sposa, lo stupore che gli causava la valanga di fiori ammucchiati davanti alla dimora della principessa morta (4). Ogni volta che il principe prendeva un mazzo di fiori, per contemplarlo ossessivamente o per mostrarlo ai figli, sembrava rispondere alle direttive di un cameraman televisivo: "Prenda un mazzetto di fiori qualsiasi e ogni cittadino del Regno Unito crederá che lei abbia preso il suo".
Ma, malgrado queste imposizioni pubblicitarie, Carlo dava l'impressione di porsi, davanti a ogni fiore, questa domanda: "Perchè? Che ha fatto questa ragazza per meritare un tale
consenso popolare?" Dopo la morte di Lady Di, non appena Carlo si mostró a Balmoral,
mascherato da scozzese, il mondo intero constató che le gambe del principe non potevano essere messe a confronto con quelle di Diana, senza dubbio le piú belle gambe della regalitá universale di tutti i tempi. Tornavano improvvise alla memoria le apparizioni mediatiche di Carlo e Diana che esponevano alla televisione i loro problemi di alcova. Carlo legato a una interpretazione stile Tudor, mentre Diana metteva in scena una recitazione da Actor's Studio, con un certo ritegno certo, come si addice a una principessa. Nella sempre vigile anima delle masse telespettatrici, non ve n'era una che non ricordasse quegli occhi immensi spalancati nel volto sottile, lo sguardo vagante alla ricerca di un punto di appiglio che solo lei, Lady Di, riusciva a scorgere. Lo stile Actor's Studio di Lady Di ne ha fatto una corretta interprete del suo ruolo di principessa quasi inutile una volta compiuto il suo dovere di partorire i lupacchiotti garanti della continuitá monarchica. Senza smettere di essere una principessa, essa incarnava anche il ruolo della donna ferita, decisa ad andare di principe in principe, vale a dire dal principe d'Inghilterra al principe dell'equitazione o a quello del rugby, o ancora a quello dei playboy.
Tutti coloro che accusano la monarchia britannica di aver commesso un errore accettando principesse prive di sangue reale sbagliano. Sarah Ferguson ha apportato alla monarchia un sano
vigore e Diana Spencer un soffio di astenia.
Lady Diana ha offerto alla casa di Hannover (antico nome dei Windsor) una lunga continuitá monarchica e solo il fatto di non essere cattolica le impedirá di essere santificata come prima principessa adultera, vergine e martire, "principessa delle masse". Queste masse la cui ribellione continua a sorprendere e che, recentemente, hanno rivendicato queste fugaci icone, quelle del Che, di Lady Di e di Madre Teresa di Calcutta.
Nel gennaio scorso mi trovavo a Cuba. Si attendeva l'incontro tra Giovanni Paolo II e Fidel Castro, vale a dire tra lo Spirito Santo e lo Spirito della Storia, all'Avana, cittá degli spiriti. Non potevo immaginare che lí avrei trovato la risposta all'enigma che costituisce la triplice venerazione di cui sono oggetto il Che Guevara, Lady Di e Madre Teresa.
A Piazza della Rivoluzione troneggiava un gigantesco ritratto del Che che guardava con la coda dell'occhio un non meno gigantesco Sacro Cuore di Gesú innalzato per presiedere alla
messa pontificale. Ma il Che era ovunque nella cittá, come una sorta di icona esclusiva della rivoluzione, riferimento morale dei tempi di crisi. Nello stesso tempo venni a sapere che
Eusebio Leal, uno storico incaricato di restaurare L' Avana, si accingeva a inaugurare, nel cuore del centro storico della cittá, una piazza dedicata a... Lady Di! In effetti, le autoritá rivoluzionarie cubane avevano deciso di dedicare una piazza, in un luogo privilegiato della cittá, a Lady Di. Eusebio Leal inauguró il luogo, pronunció un discorso dalla retorica fiorita, seguito da un altro, piú misurato,
dell'ambasciatore britannico. Si aspettava la visita del Papa, ma in quella piazza era giá sceso lo spirito della principessa di Galles. Eusebio Leal ricordó che la principessa era morta nella stessa settimana in cui moriva Madre Teresa: "Ricordatevi dei loro corpi, disse, e ognuno convenne che erano molto differenti, ma comparate i loro spiriti, tutti e due si sono sacrificati per i loro simili; Madre Teresa con la sua abnegazione evidente, Diana spogliandosi delle sue vesti in favore delle piú nobili cause".
Alcuni intellettuali di prim'ordine, come Alfredo Guevara e Miguel Barnet, decifrarono il senso della piazza, spiegarono il concetto di lago e di fallo suggeriti dagli architetti con accenti caraibici, ma facendo chiaramente allusione all'ultima dimora della Dama del lago, cosí felicemente sfruttata da suo fratello Lord Spencer. Qualcuno commentó: "I turisti britannici sono sempre piú numerosi a Cuba; verranno qui in pellegrinaggio e lasceranno un mucchio di sterline".
Eusebio Leal non solo pianifica il futuro de L'Avana ma anche quello della globalizzazione culturale, e indubbiamente è presente nella sua mente lo spettacolo che si puó vedere a Parigi, al ponte dell'Alma, dove si riuniscono bande di "guardoni" proprio nel luogo dove Lady Di pronunció le sue ultime parole: "Lasciatemi in pace, lasciatemi in pace..." Lady Di, installata nella santitá light del Gold Gotha, ha giá un anno di anzianitá e i progetti commerciali post mortem si sono moltiplicati, a cominciare dall'isola dove riposa nel cuore della proprietá Spencer e dove suo fratello ha recentemente aperto un museo, diventato luogo di pellegrinaggio per necrofili, al prezzo di trentamila lire a persona. La memoria di Lady Di è protetta dai tribunali che hanno condannato il settimanale Paris-Match a pagare un milione e mezzo di lire a Mohamed Al Fayed,
suocero in pectore della principessa, per aver riprodotto una fotografia nella quale si vedono Lady Di e Dodi che si baciano.
D'altra parte, la ditta Asbro ha tentato di produrre una "bambola Lady Di"; un'altra ditta pensa di produrre un puzzle Diana; la firma della principessa è apparsa per raccomandare una marca di margarina; gli studenti di Scienze Politiche della libera Universitá di Berlino dedicano una parte del loro tempo a studiare il seguente soggetto: "La principessa di Galles, mito e politica"; e il testamento di Lady Di è stato un best seller.
Il settimanale madrileno Lecturas, in un altro slancio necrofilo, ha pubblicato i modelli di carta dei piú celebri vestiti di Lady Di affinchè le fanciulle in fiore della Spagna possano vestirsi come la Santa. Bisogna dire che, al momento della morte di Diana, vi è stata sulla stampa un'invasione di articoli dedicati alla principessa totalmente deliranti, scritti talvolta da autori imprevisti, come il romanziere cubano in esilio Guillermo Cabrera Infante, che ha pubblicato un articolo intitolato: "Pavana per un'inglese defunta o La principessa che voleva vivere". In questo articolo si poteva leggere un edificante passaggio: "Ma Diana era leggera, il suo cadavere pesava appena. Si dice che avrebbe potuto ascendere direttamente al cielo se fosse stata un'istitutrice che sapesse levitare o una religiosa volante".
Si dice anche che sua suocera, Elisabetta II, abbia deciso di organizzare un museo in sua memoria nel palazzo di Kensington e nelle ex scuderie di famiglia si è aperto un luogo di ricordi
della sua memoria su consiglio di suo fratello, Charles Spencer, un tempo conosciuto come uno dei maggiori bevitori di champagne del Regno, e ora diventato il vendicatore del calvario della
sorella, zimbello della famiglia reale e della stampa spazzatura.
Questo aristocratico sospetto, venditore abituale di foto esclusive sulla sua vita privata (ha venduto le foto della nascita di suo figlio per piú di 250.000 sterline alla rivista
Hello!) avrebbe potuto diventare un personaggio shakespeariano infestante i corridoi dei castelli in cui visse Diana con, in senso metaforico, il suo cadavere tra le braccia.
Egli ha compreso (e, pare, ne tragga un buon profitto economico) che questa fine di secolo, dopo la scomparsa di tanti eroi di acciaio, ha un gran bisogno di glorificare gli eroi teneri come il Che, Madre Teresa o Lady Diana.
Ancora su Lady Di:
Diana non era come Marilyn.
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