Creato il 28/11/97. |
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Il fratellino di Pepe
ROBERTO DUIZ
il manifesto, 29 / 5 / 1997.
Come può un rivoluzionario anti-franchista essersi trasformato in un pluri-inquisito della tangentopoli olimpica a Barcellona? La soluzione nell'ultimo brillantissimo libro di Manuel Vázquez Montalbán
Come se non bastasse il commissario Contreras, che non perde occasione per rinfacciargli il misero valore della sua licenza di investigatore privato, paragonabile ormai a quello della tessera di un comunista russo, ci si mette anche tale Salustiano Almansa ad incoraggiarlo a cambiar mestiere. "Gli investigatori da romanzo sono finiti", gli dice col tono di chi sa come va il mondo: parola di avvoltoio, che volteggia famelico "sulle carni aperte della città rinnovata". Ma ci vuole altro per far deragliare Pepe Carvalho dal suo itinerario esistenzial-professionale. Lui che continua a considerarsi "un bohémien" e per la vecchiaia progetta una sommetta a reddito fisso in banca che gli garantisca una rendita di Knockando Gran Riserva, così da consegnare ai necrologi una bella istantanea di sé: "Il cadavere era eccellentemente marinato".
E poi, a proposito di romanzi, sono anni ormai che Carvalho ne preleva uno alla volta dalla sua biblioteca per alimentare la fiamma del camino, perché i libri, spiega, "non mi hanno insegnato né a vivere né a invecchiare, come non mi salveranno né dalla decadenza né dalla morte". Dunque i "romanzi" preferisce viverli, alla faccia, ornata di "guance rubiconde", di Salustiano Almansa, e a scriverli in maniera eccellente ci pensa Manuel Vázquez Montalbán, alter ego umorale e ombra accudente a tavola e al bancone. Il fratellino (Fetrinelli, pp. 189, L. 25.000) è il capitolo più recente, racconto lungo che dà il titolo a una raccolta di otto. Rieccolo, Pepe, nella sua Barcellona devastata dalla "modernità", già depressa dopo l'euforia olimpica, ma ormai irrimediabilmente "città-mercato", dove speculatori di vario tipo, che hanno messo insieme fortune in soli cinque anni, e consulenti di immagine, che azzimati e leggeri emergono da ascensori di plastica trasparente, si affannano a spiegare che è ora di finirla di usare vecchie categorie, che "non si può parlare di lotta di classe, ma di concorrenza".
Pepe Carvalho è abbastanza acuto da non richiedere che gli si spieghi un concetto più di una volta, ma è un po' restìo a disfarsi alla leggera di vecchi panni. Non può non rimuginare, ad esempio, sul fatto che Leocadio Mínguez, che lui ricordava apprendista fresatore, soprannominato "Il fratellino" per la sua giovane età di agitatore anti-franchista e col quale, per affinità ideologica, aveva condiviso la galera, sia stato trovato imbottito di sonniferi e incappucciato con un sacchetto di plastica. "Il fratellino", al momento del "suicidio", era già ampiamente inquisito nella specie di Tangentopoli della Barcellona post-olimpica, e il suo capitale personale era valutato in 3 miliardi di pesetas. Non male per uno che aveva iniziato come appprendista fresatore. Ma anche Leocadio Mínguez, come tanti altri "rivoluzionari" dell'epoca franchista, aveva preso al volo il carro "democratico" che conduceva al bengodi bancario. Qualcuno ne incontra, Pepe, nel corso dell'indagine sull'improbabile "suicidio". Loro non si ricordano di lui, ma Pepe ha la memoria lunga. Si concede ancora battute fuori moda che spiazzano le segretarie, perché "la signorina era sufficientemente giovane da non capire le ironie anti-franchiste". Eppure non cambia moda e modi. La memoria non è uno yogurth con data di scadenza. E' una bottiglia di Knockando Gran Riserva, che può durare una vita, anche se sarebbe un delitto avanzarne. E contro la rimozione collettiva, Montalbán, pochi anni fa, ha scritto Io, Franco, monumentale "autobiografia" del Caudillo, ironicamente raccontata in prima persona, appena rieditata da Frassinelli (pp. 602, L. 16.000).
Ma torniamo a Pepe Carvalho, "sempre più perplesso, ma mai veramente sconfitto", come direbbe Philip Marlowe, suo collega americano, forse più celebre ma certo meno buongustaio di lui. Rimugina davanti a un piatto di "filettini di branzino crudo macerati nell'olio di dragoncello". Indaga in bordelli di lusso e in ugualmente lussuosi (e ugualmente "bordelli") nuovi centri del potere economico. Si riossigena nei vicoli lerci del Barrio Chino. Si concede, più di altre volte, moderati corteggiamenti, anche perché Charo, prostituta e amante da una vita, se n'è andata ad Andorra, decisa, lei sì, a cambiar mestiere.
Nei racconti brevi che seguono Il fratellino, Pepe passa una malinconica notte di Natale con un vecchio ex barbiere assassino, conosciuto in carcere quando lui era uno dei "quattro giovani sovversivi, saziati con quattro soldi di marxismo ed enormi quantità di schifo suscitato dalla mediocre e crudele bruttezza del franchismo". Segue sconcertato le peripezie di una bella donna, "cacciatrice di esibizionisti, non meno ossessionata di un bounty-killer nel Far West". Dipinge un ritratto intenso, crudo, appassionato, quasi "scioccante", di Marilyn Monroe, che da solo vale un libro intero. Offre un paio di omaggi ad Agatha Christie, introducendosi con garbo in ambienti ed intrighi degni di lei. Ironizza sulla femme fatale, dandole tratti rotondi e carnosi, mediterranei come l'appellativo, tradotto in "malafemmina".
Scampoli di umanità diversa, volubile, ambigua, mutante. Attraversata dall'immutabile Pepe Carvalho, colui che i "romanzi" li vive.
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