M.V.M.

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25/6/99.


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Le ricette di Fidel Castro

MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN

Le Monde Diplomatique - Il Manifesto, dicembre 1998.


A fine dicembre 1958, quarant'anni or sono, i barbudos di Fidel Castro travolgevano l'esercito del dittatore Fulgencio Batista, costringendolo a lasciare Cuba. Era il trionfo della Rivoluzione. Per milioni di donne e di uomini dell'America latina si accendeva una straordinaria speranza di giustizia sociale. I successi del regime in materia di istruzione e di sanità sono noti, così come i fallimenti nel campo delle libertà, dell'agricoltura e dell'economia. Qual è la responsabilità personale di Fidel Castro? La sua volontà di immischiarsi in ogni questione, di dirigere tutto, di saperne di più dei migliori esperti nei campi più diversi persino quando si tratta di cucina non è tra le cause minori di certi fallimenti fra i più clamorosi.

Trovandomi in Piazza della Rivoluzione a L'Avana, nel gennaio 1998, alla vigilia dell'arrivo del papa, ad un tratto vidi librarsi un'immensa immagine del Sacro Cuore di Gesù di fronte a un ritratto murale gigante del Che, sotto gli occhi della colossale statua di José Marti, "Padre della Patria". La gente si preparava ad accogliere Giovanni Paolo II perché Fidel Castro gliel'aveva chiesto e perché credeva di poter reclamare cose terrene: "Signore, fa' che i nostri parenti di Miami ci mandino dei dollari, che la moltiplicazione delle bistecche e dei pesci sostituisca la carnaccia che ci danno con le nostre tessere annonarie."

Il cibo è l'ossessione dei cubani. Uno degli scherzi, fra i meno velenosi, sulle grandi fami del "periodo speciale" diceva: "Che differenza c'è fra un frigorifero cubano e una noce di cocco?" Risposta: "Nessuna. Entrambi non contengono che acqua". Uno dei più crudeli evoca lo zoo e racconta che man mano che la fame aumentava si sono dovuti cambiare i cartelli: prima "Vietato dare cibo agli animali", poi "Vietato mangiare il cibo degli animali", infine "Vietato mangiare gli animali..." Il corrispondente di un quotidiano spagnolo fu pregato di lasciare Cuba quando rivelò che tutti i gatti dell'Avana erano scomparsi...
Durante questo "periodo speciale", la televisione si rivolse a una presentatrice dell'epoca di Batista, Nitza Villapol, per presentare ricette di cucina senza carne, a base dei soli prodotti disponibili sulla tessera annonaria: patate al forno, purea di patate alla cipolla o all'aglio o con grasso di maiale e succo d'arancia: dolci di patate con zucchero e bucce d'arancia.
Fidel Castro dedicò le sue insonnie a cercare soluzioni alimentari d'emergenza, pur continuando a incoraggiare un'agricoltura sperimentale: risaie nella periferia dell'Avana, colture delicate di frutta speciale, allevamenti di mucche frisone del Canada, produzione di formaggi francesi ricercatissimi a costi proibitivi; distillazione di whisky Old Havana che rivelava i gusti segreti di Fidel ed era venduto esclusivamente nelle botteghe riservate agli stranieri; fegato d'oca ricavato da bestie allevate sperimentalmente sotto la diretta sorveglianza del Comandante che l'offriva ai leader sandinisti in occasione degli anniversari della vittoria di Daniel Ortega.
Fidel adora parlare di cucina. Il domenicano Frei Betto, nel suo libro di conversazioni, Fidel y la Religion, ricorda con quanta precisione il Comandante gli descrisse la preparazione dei gamberi e delle aragoste: "E' meglio non cuocerle: l'acqua bollente toglie sapore e indurisce la carne. Preferisco farle alla griglia o al forno o in spiedini. Bastano cinque minuti per gli spiedini di gamberi; undici per l'aragosta al forno e sei per gli spiedini alla brace. Come soli condimenti, burro, aglio e limone. Il cibo gustoso è sempre semplice. I cuochi internazionali sprecano troppo".
L'interventismo culinario di Fidel è noto. Una volta offrì a una coppia di americani cotolette e coscia di agnello e s'installò nella loro cucina come capo cuoco, consigliando di impanare la carne e di friggerla. Ma la signora la preferiva alla griglia.
Fidel le disse di fare come voleva e se ne andò.
Quando era giovane studente, il suo professore, Moreno Fraginals, lo invitava a casa sua. Fidel andava dritto in cucina, esaminava quanto si stava preparando per la cena e diceva alla signora Fraginals: "Lasciami friggere le banane, ti mostrerò come si fa". Lei gli chiese, stupita, se pensava di sapere tutto: "Quasi tutto" fu la risposta.
Quando va a caccia di anatre selvatiche, gli piace seguirne la cottura. La sua passione per il fegato d'oca e per i formaggi francesi lo ha spinto a promuovere ricerche sull'ingozzamento delle anatre cubane e sulla produzione di un latte di ottima qualità indispensabile alla fabbricazione di formaggi squisiti.
Fa assaggiare il risultato delle sue sperimentazioni culinarie ai membri della nomenclatura del regime: prima ai pinchos, l'élite militare; poi ai mayimbes, l'élite civile. Castro vuole sapere tutto, persino i termini dispregiativi inventati dai cubani per designare i privilegiati (relativi) di cui ogni rivoluzione ha bisogno.
Fidel associa la cucina alle donne e a sua madre che ricorda più volentieri del padre, nonostante essa abbia vivamente protestato per la confisca delle tenute agricole. La vecchia Maria Mediadora dichiarò che non si sarebbe lasciata strappare le sue terre da nessuno, nemmeno dal figlio Fidel e imbracciò un fucile.
Fu necessario inviare il fratello maggiore, Ramon, per convincerla a consegnare l'arma. Questo legame donne-cucina gli viene anche dal fervore che mette nel cucinare per tutte le donne che hanno fatto di lui un monumento della storia. La prima ad accorgersi che suo marito credeva di saper cucinare fu Mirta Diaza Balart, bella come tutte le donne che Fidel ha amato. Essa apparteneva a una famiglia di grandi proprietari di destra della provincia d'Oriente, legati al dittatore Batista un fratello di Mirta, Rafael, compagno di Fidel all'università, ottenne un posto molto importante al ministero dell'interno, e in seguito scrisse un libello intitolato Viva Fulgencio Batista! Accanto a Mirta e Fidelito, il suo primo figlio, Fidel conobbe la durezza della vita quotidiana: non avere soldi per pagare l'affitto o le medicine del bambino; dover accettare l'aiuto degli amici. Imparò a fare mestieri incerti, come quello di agente incaricato del recupero crediti, o di venditore di polli fritti sulla terrazza del suo appartamento all'Avana. Per la loro luna di miele erano andati a New York dove, nell'ottobre 1948, Fidel comprò Il Capitale e i suoi primi testi di Marx e Engels. Mirta diventò un'attivista quanto suo marito. Quando Fidel fu arrestato a Santiago, dopo l'attacco contro la caserma Moncada, il 26 luglio 1953, e incarcerato all'Isola dei Pini, le mandò un elenco dei libri che voleva leggere.
Fidel scriveva anche a Natalia Revuelta che aveva venduto tutti i gioielli di famiglia e quelli che le aveva regalato suo marito, per contribuire al finanziamento dell'attacco alla caserma Moncada. Essa si sforzava di smettere i panni della donna borghese, voleva diventare una "donna nuova", una militante comunista esemplare, a tutta prova, come l'eroina di L'Albero e la vita, il romanzo di Lisandro Otero. Faceva di tutto perché Fidel rimanesse il più possibile a casa sua e nella sua vita, sotto l'occhio critico, tenero e leggermente isterico, della loro figlia comune, Alina. Le più belle visite di Fidel a casa di Natalia, secondo Alina, erano quelle in cui egli arrivava carico di cibi inaccessibili alla tessera annonaria. A volte portava anche prodotti come semi di zucca e dava infiniti consigli per la loro preparazione: "Alina, i i semi di zucca si preparano in una pentola di ferro, spalmata d'olio, come per la torrefazione del caffè si fanno arrostire a fuoco basso finché la scorza si stacca quasi da sola".
In carcere, Fidel compensava la mancanza di pasti gastronomici con i nutrimenti profondi della letteratura. Il 18 Brumaio, di Karl Marx, gli sembrò ricco di insegnamenti e vi fa sempre riferimento per premunirsi contro la stanchezza dello spirito rivoluzionario. Lesse Victor Hugo e La fiera delle vanità di William M. Thackeray; Un nido di nobili di Turgenev, la biografia di Carlos Prestes, un dirigente comunista brasiliano e kominterniano; Della guerra di Clausewitz, L'estetica trascendentale, di Kant; Stato e rivoluzione di Lenin, gli scritti di Franck D. Roosevelt, quelli di Albert Einstein e soprattutto Giulio Cesare di Shakespeare. La conclusione di Fidel fu che Cesare era rivoluzionario e Bruto reazionario. Scrisse a Naty Revuelta: "Il pensiero umano è assolutamente condizionato dalle circostanze di un'epoca. Se si tratta di un genio politico, la sua realizzazione ne dipende totalmente. Se fosse vissuto all'epoca di Caterina la Grande, Lenin sarebbe stato, nel migliore dei casi, un accanito difensore della borghesia russa; se avesse conosciuto l'occupazione inglese dell'Avana, José Marti avrebbe difeso, a fianco del padre, la bandiera spagnola; Napoleone, Mirabeau, Danton, Robespierre, all'epoca di Carlo Magno, cosa sarebbero stati, se non umili servi della gleba o sconosciuti abitanti di un banale castello medioevale? Giulio Cesare non avrebbe mai attraversato il Rubicone nei primi anni della Repubblica, prima dell'intensificazione della dura lotta di classe che sconvolse Roma e prima della sviluppo del grande partito plebeo che rese necessario e possibile il suo arrivo al potere..."
Fuori dal carcere, le donne lo aiutavano. In particolare la sorellastra Lidia, Melba Hernández e Haydée Santamaria. Tutte e tre stirarono con il ferro le lettere strapazzate che Fidel spediva dal carcere e che contenevano, nascoste da una scrittura invisibile a base di succo di limone, il testo de La Historia me absolverà. Lo decifrarono, lo dattilografarono, ne fecero decine di copie da distribuire ai militanti. C'erano altre due donne: Vilma EspÆn e Célia Sçnchez. La prima, assistente e autista di Franck Pais, dirigente castrista a Santiago di Cuba, organizzava le mobilitazioni studentesche a favore dell'amnistia e avrebbe in seguito sposato Raul Castro; la seconda era incaricata di spedire pacchi di cibo ai detenuti dell'isola dei Pini. Célia Sçnchez, oggi scomparsa, sarebbe diventata determinante nella vita di Fidel, la sua collaboratrice per ventitré anni.
Egli lavorò con lei al Palazzo della Rivoluzione e nel suo piccolo appartamento della via Onze che era la casa preferita del Comandante, dove si fermava molto spesso a dormire. A volte, per non interrompere il suo lavoro, Fidel cucinava. Ma il più delle volte era Célia che preparava da mangiare. Quando Fidel si spostava, Célia gli mandava i pasti che aveva preparato, pasti semplici ma gustosi e nutrienti. Conosceva i suoi gusti. Fidel odia sprecare cibo. Il suo piatto preferito è la semplice zuppa di tartaruga.
Quale che fosse la gravità del momento, Fidel non trascurò mai il cibo. Alla vigilia dell'assalto alla caserma Moncada, chiese a Melba e a Haydée di preparare pollo al riso per i centoventi attaccanti e di far stirare le divise: "Non si fa un attacco a stomaco vuoto e vestiti di stracci". Nel maggio 1958, prima della grande offensiva contro l'esercito di Batista, mandò a Célia una lettera patetica: "Sono senza tabacco, senza vino, senza niente. Una buona bottiglia di vino spagnolo, rosé e dolce, è rimasta nel frigorifero della casa di Bismarck. Che fine ha fatto?"
Fidel Castro è un grande solitario che odia la solitudine totale; ha bisogno che qualcuno lo ascolti, gli risponda, gli scriva. Si erige a custode della grandezza delle donne, e se ha fatto la Rivoluzione è perché non voleva che Cuba diventasse il bordello degli americani, né che i marines pisciassero sul monumento a José Marti come li aveva visti fare.
Gli ripugna parlare dell'odierna febbre della prostituzione a Cuba. La considera una piaga portata dal turismo, non dovuta alla fame ma all'attrazione feticista del desiderio di consumo all'occidentale, all'asfissia economica dell'isola, vera causa dell'insufficiente produzione di beni di consumo. E rimpiange che l'"uomo nuovo" e la "donna nuova" tardino a venire alla luce.
Fidel è convinto che, quando Washington avrà tolto il blocco e le attuali difficoltà saranno superate, Cuba ritornerà alla situazione del 1965, quando non esistevano più bordelli perché non c'erano più prostitute. La Rivoluzione ha offerto alle donne che esercitano questa professione la possibilità di imparare un altro mestiere, ha istituito corsi di formazione e si è assunta le spese di vitto e alloggio per loro e le loro famiglie durante gli anni di studio. Perciò il Comandante è molto severo nei confronti di quanti gli rimproverano l'attuale situazione.
Alcuni anni fa, ha imposto l'espulsione di un corrispondente francese il cui servizio iniziava così: "Che sia alta o piccola, grassa o magra, bianca o nera, giovane o vecchia, ogni donna cubana vale 7.000 dollari". Certo il giornalista proseguiva spiegando che si trattava della tariffa amministrativa ufficiale per la compilazione della pratica necessaria per autorizzare una cubana a sposare uno straniero, ma ciononostante il testo rimaneva ambiguo e faceva del regime cubano una specie di magnaccia...
Poiché la storia contemporanea non ha offerto loro l'occasione di fare la propria rivoluzione, molti europei considerano la Rivoluzione cubana come la loro rivoluzione adottiva.
Quarant'anni fa, essa prometteva ai loro occhi una nuova primavera dei popoli. Ed è con una nostalgia velata di delusione che questi ammiratori di un tempo contemplano oggi l'autunno del patriarca...


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