Creato il 1/12/97. |
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Un'estate indimenticabile
UMBERTO PASTI
IL GIORNALE, 9 / 5 /1993.
Gli allegri ragazzi di Atzavara, l'ultimo romanzo di Manuel Vázquez Montalbán tradotto nella nostra lingua, è ambientato in un villaggio immaginaro della costa mediterranea spagnola. Ad Atzavara alcuni abitanti di Barcellona, professionisti di successo, artisti, intellettuali, desiderosi di trascorrere le vacanze lontano dai clamori della Costa Brava, hanno comperato alla fine degli anni Sessanta i casali dei contadini e dei pastori, traformandone le stalle in ampi salotti, e ricavando dai fienili e dai solai stanze e bagni per i loro ospiti. Il romanzo racconta l'estate 1974 di questo gruppo di fedeli della piccola località balneare, membri di
una borghesia piuttosto snob e molto annoiata che trascorrono i giorni in spiaggia a prendere il sole, cenano tutti insieme la sera, e di chiacchiera in chiacchiera, di bicchiere in bicchiere, di spinello in spinello, finiscono a volte per dedicarsi a quel gioco di società che, in beati anni di castigo quindi di trasgressione, si chiamava ancora partouze.
Questi borghesi da film di Antonioni, cosí simili a quei loro contemporanei che frequentavano siti quali Tenerife, Mykonos o Lindos, prima dello sfacelo dovuto al turismo di massa, sono tutti presi dai loro giochetti di seduzione, dai loro miseri tradimenti e dalle loro ripicche: vittime della piú grave epidemia della seconda metà del secolo, cioè il male dell'incomunicabilità, essi intrecciano relazioni che lasciano il tempo che trovano, poi si separano per reintrecciarne di altrettanto vane. Con un'esattezza che divertirà il lettore attento ai dettagli di storia del costume e del gusto.
Montalbán ce li descrive mentre scoprono le gioie del nudismo e l'ebbrezza di dichiararsi pubblicamente omo o eterosessuali. Alla vigilia della morte di Franco, la cui agonia fu però lunghissima, questi quarantenni di Barcellona compromessi in diversa misura con il regime sono già antifranchisti: attenti a quanto accade a Parigi e a New York, un po' hippies e un poco creativi ma soprattutto «perbene», essi intuiscono di trovarsi improvvisamente di fronte alla loro ultima grande occasione, quella di «liberarsi», concretamente rappresentata dall'arrivo ad Atzavara di alcuni nuovi venuti, un giovane di origini modeste introdotto nel gruppo dal suo protettore che disegna gioielli, e una coppia di bei ragazzacci disponibilissimi
che vengono chiamati «i sultani» e sono in realtà due odalische.
Inutile dire che tutti approfitteranno di questa estate indimenticabile: le mogli lasceranno i mariti, gli amanti gli amanti, gli amici litigheranno tra loro, e per molti, addirittura, la vacanza segnerà una sorta di passaggio da una gioventú stolida e prolungata a quell'età del rimpianto che si è soliti definire «adulta».
Questa ricostruzione di un ambiente dei primi anni Settanta, propostaci oggi, quando quel decennio viene «recuperato» da una moda e da un costume maniacalmente revivalistici, per colmo del nostro diletto viene effettuata usando lo schema e la struttura di uno di quei romanzi polifonici in voga trent'anni fa: la vicenda de Gli allegri ragazzi è cioè raccontata da quattro voci diverse, evocata da quattro diversi punti di vista, con piccoli slittamenti e spostamenti di prospettiva che dovrebbero favorire lo «straniamento» del lettore.
Ma Gli allegri ragazzi di Atzavara non è solo un divertissement: questo libro che appartiene alla ricca letteratura di ambientazione balnear-vacanziera offre diversi spunti di riflessione seria. Paragonandolo a un romanzo cui somiglia parecchio, Les petits chevaux de Tarquinia di Marguerite Duras, pubblicato nel 1952, si rileveranno le analogie esistenti tra la borghesia intellettuale italo-francese in vacanza all'uscita dalla guerra, sempre sbronza di Campari, e quella spagnola dopo un trentennio abbondante di franchismo, col suo Calvados in mano fin dal primo mattino, ma vent'anni dopo: questa sensazione di iberico ritardo sui tempi viene confermata dalla struttura stessa del romanzo, cosí «datato», inconcepibile insomma in Francia o in Italia dopo il 1965.
Montalbán ci racconta una borghesia spagnola la cui sofisticazione ed emancipazione ed ebetudine velleitaria, a causa del franchismo, sono indietro di un ventennio rispetto alla sofisticazione ed emancipazione ed ebetudine velleitaria della stessa classe sociale in altri Paesi europei. Scrittore astuto, egli si avvale di strumenti e di stratagemmi che evocano il nouveau roman e il Gruppo '63, ma lo fa con amarezza e ironia, consegnando ognuno dei suoi personaggi a un destino di alienazione e di perdita degno della peggiore contemporaneità. Proprio dall'armonia tra la struttura del libro e la storia che esso narra, e dalla dissonanza sotterranea tra questa forma e le vicende solo accennate dei suoi protagonisti dopo quella famosa estate, scaturisce il fascino di questo libro godibile, malinconico, costruito con perizia e scaltrezza inusuali.
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