M.V.M.

Creato il
15/3/2011.


VITA DI PEPE

Elisabetta Pintor

La rivista delle librerie Feltrinelli, numero 7, autunno 1997.


"Prima immaginavo Pepe Carvalho come Jean-Louis Trintignant, ma ora è già più come Harvey Keitel”, dice Manuel Vázquez Montalbán, che quest’anno celebra il venticinquesimo anniversario della nascita del suo popolare personaggio. In Spagna è stata una festa...

—Pepe Carvalho è un personaggio amato e festeggiato. È capitato al suo autore di esserne geloso?
—Il mio rapporto con Carvalho ha passato momenti peggiori. Ci tolleriamo. Abbiamo bisogno l'uno dell'altro, fino ad un certo punto però. Lui ha bisogno di me più di quanto io ne abbia di lui. E questo non gli va giù.

—Anche il suo detective arriverà al capolinea. Lei avrebbe già fissato la data: 2000 o 2001. Dovremo davvero abituarci a un Pepe Carvalho in pensione?
—Ho annunciato la fine di Carvalho came detective privato, ma sto studiando la possibilità di trasformarlo in spia postmoderna. Lo spionaggio postmoderno non assomiglierà in niente a quello della Guerra Fredda. Sarà domestico. Per esempio, Bossi manovrerà una Cia padana per vigilare sui movimenti strategici del potere siciliano, cosí come il Vaticano non dovrà lasciarsi sfuggire i movimenti del traffico clandestino di anticoncezionali dentro i confini dello stato pontificio. Credo che lo spionaggio privato, insieme alla polizia privata e alle carceri private, genererà nel futuro molti posti di lavoro.

—Il suo libro piú recente, Il fratellino, parla di corruzione, questione fra le più attuali e dibattute nella vita politica italiana e spagnola. La corruzione è caratteristica dei paesi del sud dell'Europa?
—Perché non lo chiediamo ai belgi? Passano le giornate dissotterrando cadaveri e scoprendo gli assassini occultati dalla loro stessa società e protetti dalla corruzione o dall'inefficienza delle istituzioni. Il fratellino non è solo la cronaca della corruzione, ma anche il bilancio di chi parte dall'entusiasmo per la politica e finisce per essere intrappolato in una doppia morale. Questo tema fa parte delle mie ossessioni e lo scrittore non fa altro che esibire le proprie ossessioni. È falso dire che noi scriviamo sempre lo stesso libro. È vero, invece, che partiamo sempre dalle stesse ossessioni.

—A che cosa attribuisce il successo dei suoi libri in Italia?
—L'uomo è quel che mangia, hanno detto Aristotele e Pepe Carvalho. E lo scrittore è ciò che legge. Buona parte della mia formazione culturale la devo alla cultura italiana e suppongo che questo si noti nella mia scrittura.

—Ancora oggi?
—Certo. Una mia cara amica milanese mi manda da anni la sua grappa fatta in casa. Le sembra poco? Per me, è uno scambio culturale importante.