M.V.M.

Creato il
25/7/99.


Ancora sul Kosovo:

1) Solana e i nuovi infedeli.

2) L'Onu all'americana.

3) Ocalan: la guerra umanitaria sconfitta.


Le trame della guerra

MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN

La Repubblica, 20 / 5 / 1999.


La globalizzazione trasforma ogni conflitto locale in una guerra civile e, nell'inventario delle potenziali guerre civili, c'è spazio per tutti i conflitti immaginabili, trasformabili in conflitti sociali appena diventano energia storica di aggressione e rottura. Se lei è un bravo bricoleur bellicista sarà in grado di metter su una guerra a condizione che un qualsiasi pasticcio etnico, linguistico, ecologico, sportivo, turistico si incarni nelle masse. Allora i malintesi possono diventare fattori storici di guerre civili, soprattutto se si incarnano in masse armate in previsione di queste.

Nella premodernità e nella modernità le guerre cercavano di accumulare territorio, mano d'opera, materie prime, mercati ed egemonia mediante procedimenti bellici. Durante il XX secolo tali propositi rimasero immutati fino allo scoppio, nel 1945, della terza guerra mondiale, quando gli obiettivi presero la forma suprema della lotta per l'egemonia di un sistema di organizzazione dell'economia, della società e della politica a livello universale. A partire dal 1990 le guerre sono il prodotto di finalità locali giustificate da motivi culturali o «civilizzanti», anche se vengono nutrite da un'industria delle armi che necessita di mercati bellici per la sua perpetuazione.

Il Kosovo sembra destinato a diventare lo scenario di una guerra civile subdolamente iniziata. Una maggioranza albanese assoggettata al potere serbo è stata protagonista —fin dai tempi della morte di Tito— di diversi conflitti, ma fino a oggi non ha avuto un'avanguardia nazionalista da armare: in prima istanza con le armi rubate dai civili in Albania alla polizia e all'esercito. Dopo un rifornimento cosí primitivo, arriveranno ben presto i gruppi di pressione internazionali e i trafficanti a offrire armamenti piú sofisticati all'avidità di una sacrificata economia di guerra. Nel frattempo, la cosiddetta comunità internazionale cercherà di spiegarsi il conflitto, colpevolizzare i serbi colpevoli e confondere le acque dell'interventismo mentre la guerra civile nel Kosovo si prende le vite di migliaia di civili, vittime fondamentali di tutte le guerre moderne e ancor piú di quelle postmoderne.

Incapace di prendere una decisione, l'Europa aspetterà che gli Stati Uniti considerino quella del Kosovo un conflitto interessante per la logica interna della politica estera, ma soprattutto della loro politica interna. Se l'investimento interventista viene ritenuto opportuno, basterà la minaccia americana perchè ci si precipiti a un accordo dopo mesi, un anno al massimo, dallo scoppio della guerra civile. Morti. Stupri. Pulizie etniche. Rifugiati. Solidarietà internazionale. Articoli giornalistici di carattere apocalittico. Dibattito tra intellettuali e fondamentalisti religiosi e alla fine la pace e uno special, il primo sabato di pace, emesso dalle principali reti televisive.

Un conflitto come quello del Kosovo mette in pericolo solo la sua popolazione e diventa un mercato di armi, emozioni solidali o barbariche e informazione. Una qualsiasi guerra civile nel villaggio globale mette in moto prima tonnellate di informazioni e poi, via via che il consumatore si stanca e il sistema di segnali dominanti stabilito torna a prevalere (i risultati del campionato di calcio, per esempio) le notizie della guerra arrivano come molesti rumori inutili e indesiderati. Venti, trent'anni fa, una minaccia di guerra era eccitante perchè implicava la lotta finale tra il Bene e il Male, tra capitalismo e comunismo, ma oggi le guerre civili portano a un trattamento informativo da "parco tematico".

Il Kosovo appartiene al "parco tematico" dei Balcani, già tanto sfruttato nei tre, quattro anni di guerre tra Serbia, Croazia e Bosnia; gli albanesi sono, inoltre, poveri, poverissimi, sia nel Kosovo sia nella stessa Albania. Di conseguenza, la guerra promette essere meno lucida, meno epica, meno armata degli altri conflitti del dopo Jugoslavia. Non so se questa guerra riuscirà nemmeno a meritarsi che gli intellettuali organizzino un tribunale dei crimini di guerra. Le guerre civili postmoderne sono tutte sporche, mediocri, crudeli, prelogiche e ora siamo ancora in tempo per indicare chi sta tramando quella del Kosovo, sarebbe il caso di fotografare i colpevoli originali prima che la colpevolezza si globalizzi e la criminalità generalizzata raggiunga il grado supremo dell'eroismo.

(Traduzione di Hado Lyria)


Ancora sul Kosovo:

1) Solana e i nuovi infedeli.

2) L'Onu all'americana.

3) Ocalan: la guerra umanitaria sconfitta.