M.V.M.

Creato il
16/11/97.


FOLLIE D'AMPURDÁN

MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN

La Repubblica delle donne, 7 / 10 / 1997.


Manuel Vázquez Montalbán
(Foto Ulf-Andersen-Gamma)
Esistono scrittori che tentano di fissare un paesaggio a tal punto che, prima o poi, il paesaggio si rivolta contro di loro e reclama il suo diritto a mutare, crescere, persino autodistruggersi. Quando Pavese scrisse delle Langhe, cercò di immortalare il proprio sguardo su quelle terre, che erano le sue. Cinquant'anni dopo, le viti sono rimaste dov'erano, ma la "puttana contadina" è stata sostituita da una ragazza nera che emerge come una ribellione policroma tra i reticolati dei vigneti, all'incrocio delle strade, talvolta con un ombrellone e un tavolino sul quale appoggiare il gomito o la tetta più stanca, una ragazza vestita all'africana, con i colori del desiderio. Ma nonostante la sua negritudine, questa "puttana contadina" postmoderna patirà la stessa assenza di affetti vissuta dalla sua collega nella poesia di Pavese, senza un uomo che scopra oltre il suo corpo "quell'infanzia trascorsa nell'ansia inesperta".
Se l'occhio di Pavese aveva cercato di codificare e insieme decodificare il suo paese, gli ampurdanesi contano su uno scrittore, Josep Plà, che è stato il grande sciamano della Storia e della Geografia dell'Ampurdán (Empordà in catalano), con lo sguardo di un vecchio kulak viaggiatore e colto, discepolo di Montaigne. Le colline, i boschi e i campi coltivati cercano addirittura di somigliare alle descrizioni fatte da Plà. Precisamente nell'anno del centenario dello scrittore si discute sulla ribellione o non ribellione di una contrada percorsa dal suo cantore per eccellenza su uno di quei carri chiamati tartanas dai locali, o sulla barca a remi. Oggi il litorale, la cosiddetta Costa Brava ampurdanese, compresa tra Cap de Creus e Palamós ha subito la selvaggia aggressione della speculazione immobiliare del Mediterraneo, cintato da mura, ma l' Ampurdán interno continua a somigliare soprattutto a quello descritto nelle pagine di Plà, vergate sempre a mano, spesse volte utilizzando il rovescio di fogli stampati, da gran risparmiatore come egli era, vale a dire taccagno.
L' Ampurdán confina a nord con i Pirenei, a est con il Mediterraneo, a sud con la catena di Les Gabarres, un possente e vergine massiccio montagnoso. Come quasi tutte le cose di questo mondo, inclusi i sessi e i Comandamenti della Legge di Dio, l'Ampurdán è diviso in due, con l'aiuto del fiume Ter. L'Alto Ampurdán ha come capitale Figueres, una città che fu laica, liberopensatrice, federalista e per fortuna vicina alla Francia. Vi nacquero Dalí e altri interessanti falsi pazzi, nel caso questo particolare sia di qualche utilità.
Il Basso Ampurdán ha come capitale La Bisbal, toponimo derivato da bisbe (vescovo in catalano), perché la città aveva un vescovo ma non una cattedrale. Mentre La Bisbal è la capitale ufficiale, Palafrugell, la piccola patria di Plà, si è sempre vantata di essere più ricca, meno commerciale e con maggiori capacità imprenditoriali. Ci sono due stagioni per assaporare i due Ampurdán: l'estate e il resto dell'anno. L'estate esige di abbandonarsi a quelle cale che si sono salvate dalla speculazione immobiliare, raggiungibili attraverso stradine impervie o con la barca. Difficile da trovare nel Mediterraneo una maggiore articolazione tra la roccia selvaggia e la sabbia incivilita, e mari ancora trasparenti, contaminati quasi solo da detriti umani: Cadaqués, Norfeu, le dune di Sant Pere dels Pescadors, la spiaggia di Ampurias, greca per i suoi reperti di archeologia di origine greca, e perché indubbiamente gli elleni scelsero quei posti proprio perché simili alla loro terra di partenza. Lo stesso nome di Ampurdán deriva da Ampurias (Emporium).
Scendendo il Mediterraneo, ecco Cala Mongó, le isole Medas —rifugio dei pirati turchi fino al XIX secolo— la foce del Ter a segnare il confine, le antenne di Radio Liberty a guisa di un'archeologla contemporanea della Guerra Fredda, le cale poderose di Sa Riera e di Sa Tuna, poi le cale ritirate di Tamariu o di Llafranc, quelle labirintiche dI Aiguafreda, le Isole Formigues (Formiche) e Palamós, frontiera meridionale dell'Ampurdán marittimo. Il resto dell'anno bisogna dedicarlo all'Ampurdán interno sia a quello Alto che a quello Basso, diviso dal fiume Ter. Alle spalle di questa frangia di estate e fumo, appena due chilometri verso l'interno, comincia l'Ampurdán introverso che commercia con il turismo senza quasi rimanerne intaccato, e che attende la solitudine dei mesi di lavoro per recuperare il suo senso caldeo dell'universo. I caldei pensavano che il mondo finisse con le montagne lontane che limitavano il loro spazio vitale. Gli ampurdanesi in un certo qual modo credono che il mondo finisca con Les Gabarres e i Pirenei, almeno il mondo che li riguarda, sebbene una simile impressione genetica non impedisca loro di essere un popolo di viaggiatori, soprattutto gli ampurdanesi della costa o delle città più commerciali —La Bisbal, Figueres, Palafrugell— vogliosi di conoscere il mondo per dimostrare a se stessi che non c'è nulla di paragonabile alla Caldea. E sempre pronti a restare indifferenti davanti allo sguardo degli estranei.
Gli europei che hanno percorso i due Ampurdán li associano solitamente alla Toscana per le ondulazioni verdi e ocra del paesaggio e per il rapporto tra habitat umano, boschi e campi coltivati: un'autentica rete di casolari, all'ombra sia delle torri vigili di castelli in genere diroccati, sia dei campanili delle chiese. Un paesaggio sparso di umanità ("paesaggio umano", lo aveva definito Plà), dove le distanze tra paesi e villaggi sono brevi, quasi fatte a misura dell'occhio o del piede, luoghi in cui i boschi di sughero, perché redditizi, sono sopravvissuti all'istinto "arboricida" dei payeses (contadini). Buona parte della ricchezza del Basso Ampurdán, quella che si muove intorno ai centri commerciali di La Bisbal e Palafrugell, è dovuta all'industria del sughero, base di altri sviluppi industriali oggi decaduti davanti all'egemonia di sua maestà il turismo considerato come una conveniente malattia non del tutto passeggera. All'arrivo dell'estate, da Cadaqués a Blanes, la Costa Brava si riempie di stranieri e di barcellonesi. Finita l'estate, gli stranieri se ne vanno con le inevitabili piogge che seguono il ferragosto, ma resta il turismo barcellonese, composto in genere da professionisti in cerca dell'ottavo giorno della settimana, accolti dagli ampurdanesi in modo disuguale. Accanto a coloro che accettano il denaro e il modello di vita lasciato dai barcellonesi proprietari di molte vecchie masserie e di rustici salvati dall'autodistruzione e trasformati in residenze dove il soggiorno prende il posto dell'antico pollaio e la jacuzzi quello del granaio di una volta non mancano gli atteggiamenti indipendentisti di ampurdanesi apertamente contrari a ciò che considerano come la "colonizzazione barcellonese". Talvolta il turista barcellonese si comporta come uno yankee a sud del Río Grande: ma gli ampurdanesi non hanno ancora del tutto capito che è stato proprio un certo turismo barcellonese colto minoritario a salvarli dall'abbandono dallo sprezzo del loro stesso territorio travestito a volte da patriottismo locale astratto.
Se i nomi delle località costiere più famose sono ovvii, l'Ampurdán interno nasconde bei paesi giacenti sulle piú dolci colline, con la cima dominante dei resti di quel castello che mai li difese del tutto né dagli spagnoli, né dai francesi, ne dai pirati. Il castello di Orriols tra tutti è quello che ha avuto infine una destinazione più ludica: un ristorante che intende rinverdire le glorie de "La Odisea", lo splendido locale barcellonese diretto fino al 1992 da Antonio Ferrer. Il cuoco se ne andò allora a vivere nell'Ampurdán conquistato dall'umanità dei suoi paesaggi e delle sue distanze per inserirsi in una rete di ristoranti di grande interesse. Il viaggiatore può iniziare, a nord, da capo Norfeu, nelle vicinanze di Rosas fermandosi a mangiare a "El Bulli", un ristorante sperimentale gestito da Ferran Adrià, nominato suo principe ereditario dal grande Robuchon, capace di creare raffinatezze per il palato servendosi talvolta soltanto di acqua e di fumo.
A Figueres è indispensabile conoscere la cucina di "El Mote del Ampurdán", sulle orme di uno dei grandi geni della gastronomia catalana, Jaume Mercader. Bisogna procedere verso Avinyonet per mangiare al "Mas Pau" o indirizzarsi verso la spiaggia di Pals per farlo al ristorante "Sa Punta" dove servono una cucina locale addomesticata dalla cultura post-nouvelle.

(Traduzione di Hado Lyria)