M.V.M.

Creato il
15/7/2000.



Animali

MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN

La Repubblica, 2 / 11 / 1999.


I cacciatori si sono rovesciati nelle campagne e sulle colline e si prenderanno centinaia di migliaia di prede durante la stagione venatoria, un giusto fine per la convergenza di interessi di industrie e attività commerciali che deriva dall'operazione di uccidere secondo un rituale sociale: armi, abbigliamento, reti di commerci all'ingrosso per la cacciagione, proprietari di riserve di caccia.
Non voglio aprire nuovi fronti, ne ho già quanto basta, e non mi resta tempo per diversificarmi, quindi cito soltanto al volo le migliaia di tori, torelli e buoi sacrificati ogni anno in Spagna all' industria e al commercio della tauromachia, o al rituale della festa che si basa sulla lotta del popolo contro l'animale, a mo' di consacrazione di un'egemonia che la bestia non può mettere in dubbio, ma noi sì. Rituale sadomasochista, a giudicare da quanto sono brutte le corridas, come si deduce dalle cronache dei critici taurini.
Ma la persecuzione, la tortura e la morte di animali a carico del popolo sovrano devono essere imprescindibili per la sopravvivenza d'identità sommerse, perché guai all'autorità che tentasse di contestare loro la carneficina! Qualcosa dev'essersi rotto nella psiche del primo essere umano cosciente del fatto che per mangiare doveva uccidere altri esseri viventi capaci di muoversi nel suo stesso spazio. Non abbiamo mai avuto la coscienza a posto da quando filosofi e sacerdoti ci inculcarono il senso della coscienza e della colpa, con fini emancipatori o coattivi. Cacciare o addomesticare per uccidere e dotarsi di attrezzi sempre più avanzati per farlo hanno legittimato, per abitudine, il diritto all'egemonia che le religioni hanno messo in relazione con l'esistenza di dei che ci facevano a loro immagine e somiglianza, a Sharon Stone e al generale Pinochet, a Rosa Luxemburg e al segretario generale della Nato, sia chi sia.
Controllare le relazioni di dipendenza di tutto il vivente, anche se non del Tutto, come dimostrano le catastrofi geofisiche e la malattia come catastrofe intima, implica che qualsiasi metodologia di dominio è legittima, soprattutto quando il dominio è pericolosamente messo in questione. Dunque non solo si possono uccidere animali, ma anche esseri umani, e torturarli secondo una malvagità razionale o irrazionale, perfino a volte secondo la ragion di Stato. I sinistri documentari sulla vita animale che hanno invaso le programmazioni televisive, includendo quelli del National Geographic, si compiacciono nell' offrirci scene di violenza animale necessarie per la sopravvivenza, penso che sia per occultare l' impossibilità di trasmettere le carneficine belliche di esseri umani, carneficine le quali, mediatizzate, hanno sviluppato a causa della guerra del Vietnam una ripugnanza sempre più estesa verso le guerre e le loro legittimazioni. Anche la violenza della competitività, il cannibalismo finanziario, strategico e sociale che segna i criteri del nuovo ordine morale, si giustificano con la metafora che le leonesse si mangiano Bambi per nutrire i propri cuccioletti, equivalendo questa affermazione alla necessità che Bush si mangi i panamensi perché un giorno suo figlio possa diventare presidente degli Stati Uniti.

CHE grande contributo potrebbe dare il National Geographic spostando l'obiettivo della cinepresa verso le carneficine e il cannibalismo dal colletto bianco! Il potere bancario spagnolo spingendo il banchiere Coca al suicidio, o Mario Conde e De la Rosa inerpicandosi su pile di cadaveri di perdenti e, a loro volta, fagocitati dalle fauci dell'establishment del potere politico finanziario. Perché non si fanno documentari etologici sulle carneficine di alto bordo o sulla razionalizzazione del mercato del lavoro? Perché mettere in evidenza la famelica leonessa africana e non la Margaret Thatcher che trita gli operai inglesi perché il figlio possa correre i suoi rally nel deserto africano? Ho seguito con attenzione i lavori e i giorni che Jorge Riechman e Jess Mostern hanno dedicato alla difesa dei diritti degli animali, con il timore che a mano a mano che si diventa lucidi su quanto è immotivata la nostra egemonia, ci si metta sulla via di un'autodistruzione igienica controllata, non quella incontrollata, oggi incontenibile. Di autodistruzione igienica mi ha saputo tanto quella emozionante proposta di Bobbio in Destra e sinistra, quando propone che l' uomo riveda il suo statuto di dominazione sugli animali. Insensato. Riconoscere il diritto di autodeterminazione della gallina sarebbe il principio della fine dell'ordine spirituale e materiale dell'universo, Nato inclusa, ed è per questo che le religioni programmano il sacrificio delle bestie come la grande drammaturgia dell'origine del nostro imperialismo biologico, e in Spagna uccidiamo tori, perché ancora non abbiamo verificato se il Viagra ci può fornire quei tacchi finti di cui tutti abbiamo bisogno, tranne il conte Lequio e le sue accompagnatrici.
Mi si chiederà con quale diritto scaglio questa prima pietra se persino nei dizionari enciclopedici mi si definisce un gourmet? Quasi tutto il processo culinario implica la morte di un essere vivo, sia animale sia vegetale, e potrei solo ribadire la mia disapprovazione per la cucina dell'infanticidio e della crudeltà. S'intende per cucina della crudeltà quella che non solo implica la morte, ma anche la tortura o la violenza estrema contro l'animale, considerando che non si sa ancora quale forma di dolore possano sperimentare i vegetali quando sono mutilati, tagliati o strappati. Il prototipo della cucina della crudeltà è nutrire gli animali per ingrassarli a costo della loro salute, pratica sempre più generalizzata e storicamente accettata nell'allevamento delle oche, garanzia di un eccellente foi-gras, e in quello dei polli e dei maiali condannati all'immobilità.

UN altro tipo di crudeltà è la cottura degli animali vivi, pratica abituale con aragoste, lumache e con la trota azzurra affinché non perda il suo colore, ed è crudeltà mangiare vivi certi molluschi stimolando la loro carne con il succo di limone. Ci sono degli uccellini che vengono affogati nell'alcol perché le loro coscette posteriori conservino l'aroma della loro ultima involontaria ubriacatura. Per ottenere il caviale si sviscerano le femmine dello storione, si strappano loro le uova per poi rigettarle in acqua mezze morte. Le prede cacciate non sempre muoiono al primo sparo del cacciatore, ma bensì tra le mascelle del cane. Si conoscono ricette con lingue di volatili tagliate quando ancora sono vivi e si nutrono gli animali nelle fattorie impedendo loro il movimento e somministrandogli mangimi per l'ingrasso che possono essere nocivi anche per il consumatore di quelle carni, nonché cibi che possono provocare malattie nelle bestie che poi devono essere sterminate con procedure sbrigative, come nel caso delle mucche pazze, i polli belgi o i maiali spagnoli, abbattuti a spari o a bastonate e a volte sotterrati vivi in fosse comuni, vicino, molto vicino, a tutte le fosse comuni che hanno creato la cultura della morte alla spagnola.
Concludo dopo un lungo giro. Prendo atto delle mie contraddizioni. Sono un riformista e sarei pronto a iscrivermi a una Ong contro la crudeltà e contro lo sterminio degli esseri commestibili, inclusi l'uomo e la donna, in attesa della lotta finale tra Achille e la tartaruga, nella speranza che si confermi la liberatrice vittoria della tartaruga.

(Traduzione di Guiomar Parada)